Spunti per una gestione patrimoniale “consapevole”

Spunti per una gestione patrimoniale “consapevole”

L’inizio di anno viene spesso considerato come un “punto zero”, un momento in cui pianificare ad ampio spettro aspetti che impattano sulla propria attività professionale e non solo, spaziando dalla forma con cui esercitare l’attività odontoiatrica a come ottimizzare la gestione delle proprie (sudate) finanze. È sicuramente un momento di riflessione che ben si presta a ragionamenti di largo respiro su temi su cui, a volte, non si dedica tempo sufficiente, concentrandosi piuttosto su aspetti di dettaglio.

Ci troviamo spesso a parlare sulle pagine di Doctor OS di fisco o di temi economici con la finalità di ottimizzare legittimamente:

  • la redditività della propria attività, sia essa gestita tramite studio professionale (anche associato) o società;
  • la fiscalità del proprio studio o della propria società.

Massimizzare l’utile e la redditività delle prestazioni (sempre nel pieno rispetto dei principi deontologici e di responsabilità medica nei confronti dei pazienti) è sicuramente un primo tema di analisi da cui partire. Altrettanto importante è ottimizzare la fiscalità (la principale voce di costo negli studi odontoiatrici) sfruttando legittimamente le possibilità offerte dal nostro legislatore attraverso le varie norme agevolative e le differenti forme di esercizio dell’attività odontoiatrica. Ma uno dei passaggi su cui molti professionisti o imprenditori non si concentrano a sufficienza o delegano spesso acriticamente l’operatività a terzi è proprio la gestione dei risparmi faticosamente creati, accumulati e difesi su cui fare affidamento negli anni a venire.

In quasi sessant’anni di storia del nostro studio ci è capitato di assistere tanti imprenditori e professionisti, abilissimi a gestire la propria attività lavorativa a cui dedicavano tantissime energie e sforzi, quasi disinteressati del proprio patrimonio personale, dimenticando di utilizzare lo stesso rigore e la stessa tenacia quando si occupavano dei propri risparmi personali. Professionisti molto prudenti e oculati investivano la propria liquidità in strumenti che promettevano grandi guadagni ma comportavano altrettanto elevati rischi oppure sottoscrivevano strumenti finanziari complessi di cui però non capivano a fondo le dinamiche e le modalità di funzionamento, affidandosi, o spesso abbandonandosi, a consulenti “esperti” o fantomatici guru della gestione patrimoniale.

Cercando di dare una spiegazione razionale sul perché gli ottimi risultati nella gestione economica della propria attività non venissero neanche lontanamente replicati nell’ambito della gestione del proprio patrimonio personale, abbiamo individuato tre principali cause:

  1. una comprensibile mancanza di competenza, informazione e soprattutto interesse nell’ambito finanziario, assicurativo e immobiliare in genere;
  2. un basso grado di priorità dato alla gestione delle proprie attività personali legato a una sorta di pregiudizio secondo cui occuparsi del proprio patrimonio non sia “lavorare” (alto grado di priorità) bensì quasi una perdita di tempo da “sbolognare” ad altri.
  3. l’affidarsi in modo del tutto passivo a professionisti, o supposti tali, senza il minimo spirito critico.

Quali possono quindi essere i rimedi a questi comuni errori, commessi sicuramente in buona fede?

  1. Ritenere la cura del proprio patrimonio una priorità lavorativa parimenti importante rispetto a quella del proprio studio o della propria attività o, ancora, all’ottimizzazione della struttura fiscale;
  2. documentarsi, informarsi e approfondire con persone con storie di successo i cui risultati, in termini di investimento, sono buoni o ottimi e soprattutto stabili nel tempo;
  3. confrontarsi con più professionisti, comprendere le dinamiche remunerative degli stessi e formarsi un’opinione indipendente grazie anche al confronto di situazioni differenti;
  4. iniziare a misurare monitorando nel tempo il valore del proprio patrimonio (magari costituito da immobili, dallo studio professionale, da società, da investimenti finanziari e liquidità, etc.). Se non si misura nel tempo il patrimonio personale non si sarà in grado di capire se lo stesso stia aumentando o diminuendo!
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Principi base di educazione finanziaria

Partendo da un’analisi statistica svolta su tanti clienti e rispettivi nuclei familiari, dal punto di vista del risparmio, le persone si dividono in due macro-clusters:

  1. chi, nel corso della propria vita, riesce ad accumulare ricchezza e ad accrescere il proprio patrimonio;
  2. chi mantiene il proprio patrimonio o, più probabilmente, lo erode nel tempo (anche con ritmi e velocità molto diverse) per scelte errate o immobilismo (che con l’inflazione ai livelli attuali è una criticità).

Contrariamente a quanto possa pensarsi, le persone distribuite nelle due macrocategorie (una generalizzazione, s’intenda) evidenziano spesso tratti comuni.

In base alla nostra esperienza, i comportamenti “virtuosi” maggiormente ricorrenti sono i seguenti:

  • indipendentemente dal reddito personale e familiare, le uscite ricorrenti e straordinarie connesse al proprio tenore di vita sono sempre o spesso inferiori rispetto alle entrate ricorrenti o straordinarie. In sostanza, chi nel tempo accresce il proprio patrimonio, riesce ad avere un tenore di vita sempre un po’ al di sotto del proprio reddito;
  • una tendenza generale a pagare i debiti subito o secondo regolari scadenze non accumulando pagamenti che inesorabilmente generano interessi (particolarmente dolorosi rispetto ai tassi attuali) o sanzioni o, peggio ancora, problemi legali con annessi costi. Le persone “economicamente virtuose”, nel momento in cui le proprie entrate si abbassano al di sotto delle proprie uscite (anche nel proprio studio), rivedono al ribasso il proprio tenore di vita anziché accumulare debiti per sostenerlo “artificialmente”;
  • utilizzare poco o niente strumenti quali carte di credito o finanziamenti al consumo o a breve termine (sempre più diffusi) soprattutto su beni di consumo, che nascondono spesso tassi di interesse importanti e rendono difficile comprendere quanto si è speso effettivamente nel singolo mese, oltre a “ingessare” la struttura delle proprie uscite finanziarie con conseguente difficoltà nel ridurle in caso di bisogno;
  • investire soltanto in ciò che si capisce e si conosce, anche attraverso consigli di persone selezionate e che hanno dimostrato risultati positivi nel tempo;
  • prediligere le forme di acquisto o di utilizzo in forma di investimento rispetto all’“affitto” quando ci si rapporta a immobili. Pagare, magari per vent’anni, canoni di locazione per il proprio studio o la propria abitazione solitamente porta ad uscite mensili importanti. Probabilmente tali uscite sarebbero pari, o molto simili, a investimenti immobiliari gestiti attraverso leasing o mutui ipotecari; alla fine del periodo, però, queste forme acquisto lascerebbero un valore importante a chi le ha pagate. Queste scelte vanno ponderate con la massima attenzione soprattutto nel momento dell’acquisto in riferimento a mercati immobiliari in decrescita (come è capitato purtroppo in alcune località italiane negli ultimi anni) o soggetti a speculazione. Attenzione: queste considerazioni non valgono per beni che non rappresentano un investimento duraturo nel tempo, quali autovetture, macchinari per la propria attività odontoiatrica o beni di consumo;
  • non farsi “accecare” da prospettive di facili guadagni o investimenti dalle rese strabilianti, se non nell’ottica attenta della speculazione;
  • informarsi bene su tutti i costi diretti e indiretti, o in alcuni casi occulti, di ogni tipo di investimento;
  • non accumulare ricchezza unicamente nel campo immobiliare che spesso richiede tempi lunghi per essere trasformato in liquidità;
  • occuparsi di minimizzare i rischi, a cui tutte le persone sono esposte, utilizzando strumenti assicurativi o mettendo da parte somme di denaro per eventuali eventi sfortunati.

I comportamenti “non virtuosi” sono invece diametralmente opposti, ma partono principalmente da scarsa attenzione e bassa priorità alla gestione delle proprie finanze e da una propensione alla spesa spesso slegata dal proprio reale reddito.

Infine, la regola probabilmente più importante è quella di dedicare una parte adeguata del proprio tempo alla gestione del proprio patrimonio, invece di occuparsi unicamente della creazione (attraverso il lavoro) dello stesso. Il tempo dedicato, in termini di formazione, confronto, ricerca e gestione sarà il miglior garante di una gestione di successo.

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Le due regole base per un investimento “consapevole”

In aggiunta alle considerazioni precedenti, è opportuno riepilogare alcune leggi che si applicano a tutti i settori dell’economia e degli investimenti (e pertanto anche al mondo della gestione delle proprie finanze), pur consapevoli che la “formula magica” non è ancora stata scoperta.

1)

La diretta correlazione tra il rendimento ed il rischio

Diciamolo subito: trovare un investimento con alto rendimento e basso rischio è quasi sempre una “chimera”. La probabilità che un investimento “ci faccia guadagnare” (il suo rendimento) è fortemente correlata al rischio “di farci perdere” il patrimonio investito (il livello di rischio). Più semplicemente, un investimento poco rischioso avrà normalmente un rendimento contenuto o tendente allo zero. Attenzione poi alle eccezioni legate ai momenti storici dell’economia: da un anno a questa parte, la liquidità lasciata sul conto corrente (per antonomasia l’investimento meno rischioso, salvo fallimenti dell’istituto di credito) potrebbe avere anche un rendimento negativo per via della erosione del potere di acquisto dovuta all’inflazione. Al tempo stesso, sempre in questo particolare periodo, investimenti a bassa rischiosità (obbligazioni governative) possono avere buoni rendimenti e, soprattutto, stabili nel tempo. Infine, i corsi di borsa nelle ultime settimane hanno raggiunto livelli particolarmente elevati, informazione da valutare attentamente in ragione di nuovi investimenti azionari. Sicuramente un investimento con un alto rendimento potenziale (ad esempio un titolo azionario) avrà invece come “contro” un alto rischio potenziale (elevata possibilità di perdita).

Pertanto, quando ci viene proposto un investimento con alte prospettive di “guadagno” (rendimento) non dobbiamo dimenticare che, quasi certamente, questo sarà anche molto rischioso (potrà, cioè, anche perdere il suo valore). Ma attenzione alla situazione peggiore di tutte: non è detto che un basso rendimento comporti per forza un basso rischio!

Pertanto, la prima regola è approfondire nel dettaglio il vero livello di rischio di un investimento che ci viene proposto.

2)

La “diversificazione” riduce fortemente il rischio

Sebbene sembri scontato, per ridurre il rischio di “perdere i propri soldi”, è opportuno diversificare al massimo i propri investimenti. Il rischio, infatti, si riduce se viene ripartito su più investimenti. E in periodi turbolenti come quelli in cui ci troviamo (borse che ripartiscono le loro performance annuali in poche settimane), i “portafogli” che hanno guadagnato o non hanno perso sono stati proprio quelli maggiormente diversificati.

Immaginiamo, ad esempio, di voler effettuare un investimento azionario: se compreremo azioni di un’unica società, il rischio che quest’ultima “fallisca” o, più realisticamente, abbia risultati negativi (con riduzione del valore delle azioni e possibili perdite in caso di vendita) sarà certamente più alto rispetto all’acquisto di un “paniere” di azioni di diverse società (tramite fondi attivi o passivi), magari in settori di attività differenti e diversificate territorialmente.

In termini più generali, è opportuno differenziare i propri investimenti spaziando tra le più ampie tipologie, dal mondo azionario-obbligazionario a quello immobiliare, per passare dalle commodities (ossia materie prime come, ad esempio, petrolio e suoi derivati, metalli o beni agricoli, etc.) agli oggetti d’antiquariato o alla semplice liquidità sul conto corrente. Ognuno di questi investimenti avrà peraltro livelli di rendimento e rischio potenziale differenti e peculiari.

Le percentuali di diversificazione ovviamente devono essere valutate in ragione delle singole esigenze personali dell’investitore.

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Le fondamenta su cui costruire un solido patrimonio

Affinché un patrimonio, proprio come una casa, abbia delle basi solide e risponda il più possibile alle esigenze presenti e future del proprietario, è necessario considerare un mix di elementi (che possono rappresentare metaforicamente le fondamenta, il tetto, il corpo dell’abitazione, etc.):

  1. la liquidità
  2. la riserva
  3. l’investimento
  4. la speculazione
  5. la previdenza
  6. la tutela

1. La liquidità

Questa è costituita dal proprio conto corrente bancario o da strumenti similari (fondi monetari). Oltre a quanto si è già detto nel paragrafo precedente in merito ai rischi che comporta, è giusto ricordare che la liquidità ha solitamente un rendimento nullo, ma serve per far fronte alle esigenze di spesa più comuni. Ricordiamoci inoltre che, in periodi economici con l’inflazione “galoppante”, la liquidità lasciata sul conto corrente perde nel tempo il suo potere di acquisto, ossia ha una sorta di rendimento negativo. In liquidità dovrebbe essere quindi investita solo la parte del proprio patrimonio necessaria per le proprie esigenze personali (lo stretto indispensabile, che chiaramente può variare molto da persona a persona).

2. La riserva

Questa parte rappresenta la porzione di patrimonio che si decide di destinare al soddisfacimento di esigenze future o imprevedibili: serve, in pratica, per “dormire sonni tranquilli”. È strettamente correlata al concetto di sicurezza e di tranquillità economica dell’investitore. Il suo importo può variare in funzione del proprio grado di “prudenza”, oltre che in virtù del rispettivo patrimonio totale. È possibile, infatti, che in un patrimonio ingente si voglia destinare a riserva una percentuale inferiore rispetto a patrimoni più ridotti, rischiando un pochino di più, in quanto l’importo della riserva risulta comunque più che capiente. La parte destinata a riserva, per svolgere la sua funzione, dovrà avere un basso rischio e un discreto rendimento per evitare che, nel tempo, tale ricchezza perda valore reale (ossia per potere di acquisto). Tuttavia, il momento attuale, che vede elevati livelli inflattivi e rendimenti soddisfacenti anche sul settore obbligazionario (tipologia di investimento spesso deputata a questa area del patrimonio), rende necessaria un’attenta attività di analisi (più del passato) per definire la strategia di investimento. Non si deve dimenticare, comunque, che questa condizione rappresenta una contingenza attuale e, verosimilmente, non potrà durare per più di un quinquennio. Nella riserva, per fare degli esempi, vi rientrano a pieno titolo le obbligazioni non speculative (come i titoli di Stato dei principali e più solidi Paesi UE o degli Stati Uniti), oppure i titoli similari (ad esempio i fondi obbligazionari, che riducono fortemente il rischio attraverso una differenziazione su più soggetti emittenti) e certe tipologie di immobili.

3. L’investimento (nel vero e proprio senso del termine)

In quest’area bisogna deputare solo una parte e non la totalità del proprio patrimonio anche perché risulta la più complicata da strutturare. Dovrebbe garantire un buon rendimento nel tempo, senza esporre a rischi eccessivi (non si è, infatti, nell’area speculazione!). Anche in questo caso bisogna ricordare la particolare contingenza attuale che concede da un lato rendimenti discreti anche senza assumersi rischi rilevanti e dall’altro valori ai massimi nei in molti comparti azionari.

Solitamente questo ramo del patrimonio è divisibile in tre macroaree:

  • quella immobiliare;
  • quella obbligazionaria, costituita però da obbligazioni con un rendimento superiore ai titoli di Stato, come ad esempio le obbligazioni corporate (di società private per intenderci, distinguendo con attenzione le tipologie di obbligazioni che possono essere ordinarie, subordinate o garantite);
  • quella azionaria, area che, nella particolare situazione finanziaria in cui ci troviamo, potrebbe nel breve avere qualche rischio in più in riferimento al time to market (momento di acquisto) stante i valori ai massimi, ma che rappresenta sempre l’area più promettente pur esponendo l’investitore a un rischio di oscillazione dei prezzi.

Infine, non vanno sottovalutati “nuovi” strumenti di investimento, quali i fondi che investono nelle cosiddette commodities (ad esempio, le materie prime o i prodotti agricoli o energetici).

In quest’area è necessario farsi assistere da persone con professionalità e competenze adeguate per poter allocare al meglio le proprie risorse. Fondamentale sarà che il proprio consulente finanziario, o soggetto che ci guida negli investimenti, comprenda a fondo il nostro orizzonte temporale di investimento e le nostre esigenze (che devono essere per prima cosa chiare a noi stessi!). Un ottimo investimento potrebbe creare delle grosse difficoltà nel momento in cui l’orizzonte temporale fosse troppo lungo rispetto a quello richiesto dall’investitore (si pensi alla difficoltà di vendere un immobile ad un buon prezzo in tempi brevi o al rischio di una riduzione del valore di mercato di un’obbligazione che debba essere venduta prima della sua scadenza naturale).

4. La speculazione

È la parte del patrimonio da cui ci si aspetta un alto rendimento, ben consapevoli del rischio a cui si va in contro e della possibilità, quindi, di perdere anche tanto rispetto all’importo iniziale destinato.

Massima cautela poi a investire in monete diverse dall’euro: effettuare investimenti in titoli o obbligazioni quotate in monete straniere (come dollaro, franchi svizzeri, sterline o yen) non coprendosi adeguatamente dalle oscillazioni del tasso di cambio (rischio di cambio), ci fa rientrare, pur non volendo, nell’area speculativa. Attenzione quindi a non cadere nell’errore di utilizzare strumenti in valuta estera senza adeguata copertura per l’area della riserva o dell’investimento.

5. La previdenza

Quest’area rappresenta, semplificando, la cosiddetta “pensione”, ossia quella parte di patrimonio da utilizzarsi solo quando si terminerà l’attività lavorativa e si avrà pertanto una riduzione del proprio reddito. In quest’area vi rientrano i versamenti alla propria cassa di previdenza obbligatoria (per l’Enpam, ad esempio, che sappiamo essere crescenti nei prossimi anni per via dell’innalzamento dei massimali), i contributi versati dai lavoratori dipendenti (ad esempio all’INPS) e i fondi pensione integrativi (i cui versamenti sono fiscalmente deducibili, pur se nel limite massimo di 5.164 euro annui). L’utilità di questi ultimi non va infatti sottovalutata vista la probabile riduzione, nei prossimi decenni, delle pensioni erogate dagli enti di previdenza obbligatoria (come, ad esempio, INPS, Enpam, etc.). Per mantenere in futuro il proprio tenore di vita attuale, è opportuno, sin da subito, ragionare attentamente sulla possibilità di ricorrere a fondi pensione integrativi (non obbligatori) che, come detto, permettono anche risparmi fiscali interessanti. Attenzione solo alla scelta degli strumenti: ve ne sono svariati che, a parità di rendimenti, hanno costi di gestione differenti. Nell’ottica del lungo periodo, anche qualche punto percentuale può fare grosse differenze per l’effetto della “capitalizzazione”.

6. La tutela

In quest’area rientra tutto il mondo assicurativo, termine etimologicamente strettamente legato al concetto di sicurezza. In estrema sintesi vi sono le polizze assicurative finalizzate a ridurre categorie di rischi della più svariata natura: polizza sanitaria, polizza infortuni, polizza vita, polizza incendio (per gli immobili), polizza di responsabilità civile e professionale, eccetera. Attenzione, però, non tutte le polizze sono uguali e la variabile prezzo dovrebbe essere solo una delle tante da valutare prima di effettuare una scelta.

Inoltre, chi svolge un’attività professionale che comporta dei rischi, dovrebbe considerare attentamente anche l’utilizzo di strumenti di protezione del patrimonio (di cui si è già parlato in passato sulle pagine di questa rivista) quali il fondo patrimoniale, il trust o alcuni tipi di polizza assicurativa.

Per gestire in modo ottimale il proprio patrimonio si devono quindi considerare tutte le sue aree (tutte le parti della nostra casa, per restare all’interno della metafora). Senza la speculazione o l’investimento, infatti, un patrimonio è destinato inevitabilmente a ridursi (se non viene alimentato dall’esterno). Allo stesso tempo, un patrimonio senza riserve o che non consideri l’area della tutela rischia, al verificarsi di eventi spiacevoli o inaspettati, di ridursi drasticamente e in poco tempo.

Come in parte anticipato, non ci si deve infine far ingannare dal considerare il patrimonio solamente limitato alla parte finanziaria, in quanto anche gli investimenti nel settore immobiliare o in beni di valore durevole, quali gioielli e opere d’arte, possono essere un importante fattore di differenziazione e di ottimizzazione dei propri assets complessivi. Per massima chiarezza, quando parliamo di immobili, ci riferiamo sia a quelli concessi in locazione (a-tecnicamente detti “affittati”), sia a quelli tenuti a disposizione. Infine, gli immobili (terreni, fabbricati industriali, abitazioni, negozi, multiproprietà, box e posti auto, etc.) possono rappresentare una modalità di utilizzo definibile riserva, investimento o speculazione a seconda del settore e della zona territoriale o dello Stato in cui sono effettuati.

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Conclusioni

I soggetti, che negli anni sono riusciti a costruire un patrimonio equilibrato con buoni rendimenti ma senza assumersi rischi non calcolati, hanno sempre pianificato le loro entrate e uscite in ognuna delle aree sopra indicate (anche solo inconsciamente).

Le analisi finanziarie confermano peraltro che la costanza dell’investitore è un’arma certamente vincente. Sebbene sia il tempismo il vero fattore distintivo sugli investimenti (ma è molto difficile riuscire a individuare il momento migliore di entrate e di uscita, salvo avere “la sfera di cristallo”), è premiante nel medio-lungo periodo accantonare mensilmente quote di reddito acquisendo investimenti finanziari. Questa prassi consente di entrare nel mercato in tutte le sue oscillazioni, sia nei picchi sia nei ribassi, diversificando non tanto lo strumento quanto il “momento” dell’investimento.

Quando si parla di investimenti è opportuno agire razionalmente (anche sapendo che il mercato è spesso irrazionale), programmare con anticipo ma soprattutto ridurre al minimo l’emotività senza far sì che pulsioni entusiastiche o pessimistiche prendano il sopravvento (la borsa perde allora vendo tutto!).

Mai, come con la gestione del “denaro”, ogni strumento può essere utile o dannoso a seconda dell’obiettivo. Un patrimonio equilibrato deve essere composto ricercando gli elementi più adatti alle proprie esigenze, tenendo altresì conto:

  • della propria propensione al rischio;
  • delle attese di guadagno;
  • della capacità di risparmio familiare;
  • delle necessità di spesa programmate per il futuro.

Per trovare la giusta combinazione, non resta che informarsi, sforzarsi di capire e documentarsi per essere consapevoli e gestire il proprio futuro economico senza farsi trascinare dagli eventi.