Errore nella scelta terapeutica di un’inclusione dentaria per errata diagnosi

Fig. 1 OPT pre-operatoria.

L’eruzione degli elementi dentari è determinata da una serie di eventi controllati geneticamente, secondo tempi e percorsi prestabiliti. A volte, e non di rado (frequenza del 6-18% della popolazione generale), intervengono delle situazioni che bloccano questa eruzione.

Nella maggior parte dei casi il riscontro è casuale.

Tra le cause generali annoveriamo l’ereditarietà, le disendocrinie, le malattie dismetaboliche e quelle infettive.

Tra quelle locali ricordiamo la persistenza o perdita precoce del deciduo corrispondente, l’anchilosi del permanente, le anomalie di forma e volume corono-radicolari, le alterazioni del meccanismo e della sequenza eruttiva, le disarmonie dento-alveolari, gli ostacoli meccanici come la presenza di sovrannumerari, le neoformazioni odontogene, le cisti, i frenuli, gli esiti cicatriziali come nei pazienti affetti da labio-palato-schisi e non da ultime, le alterazioni delle ossa basali (es. ipoplasia mascellare superiore) (Maiorana, 2007 – Litsas, 2011).

Scopo del lavoro

Lo scopo di questo lavoro è quello di mostrare un errore in fase di diagnosi nel trattamento di un’inclusione dentaria. Si tratta, nel particolare, di un canino mandibolare sinistro in posizione verticale, compreso tra la radice dell’incisivo laterale, mesialmente e la radice del premolare permanente, distalmente, al di sotto della giunzione amelo-cementizia di quest’ultimo. La sua radice è formata solo per i suoi 2/3.

Inoltre, nel 3° quadrante sono ancora presenti i due molari decidui, mentre nel 4° quadrante il primo premolare permanente è già erotto.

Il collega si appresta ad estrarre il primo molare deciduo, sperando di velocizzare l’eruzione del 3.4 e di liberare in questo modo il canino rimasto impattato nella compagine ossea.
In realtà il premolare erompe occupando il posto del 3.3 e, a distanza di mesi, viene estratto anche il 3.4. Il canino incluso, nel frattempo, si è distalizzato, perché non ha trovato più come guida la radice del primo premolare.

A questo punto è stata chiesta una consulenza specialistica.

Descrizione caso clinico e discussione

L’intervento chirurgico prevede il disegno di un lembo a tutto spessore da 32 a 35, con scarichi verticali. Si scollano i tessuti delicatamente fino a visualizzare l’odontoma. Si allarga la cavità d’accesso con manovre di osteotomia e si rimuovono i singoli denticoli.

Si irriga con abbondante soluzione fisiologica la cavità residua e la superficie smaltea del canino incluso, si asciuga accuratamente e si procede con la mordenzatura acida e l’applicazione di una resina adesiva sulla corona del dente per incollare il bottone ortodontico necessario alla trazione.

Al bottone si lega una catenella metallica che passerà attraverso il tunnel creato dalla rimozione dell’odontoma, facilitando in questo modo il percorso eruttivo e simulando quello fisiologico.

Fig. 2 Odontoma complesso sovrastante l’elemento 3.3.

Il lembo viene riposizionato e suturato nella sua posizione originaria e la catenella fatta emergere dalla cavità alveolare verso il centro della cresta.

Tale tecnica permette di conservare parte del tessuto cheratinizzato, anche se un distacco accidentale del bottone ortodontico o una rottura della legatura metallica comportano la necessità di un nuovo intervento chirurgico (Crescini, 1994).

Per questo motivo si sono elaborate delle variazioni a questa tecnica, di cui la più recente è descritta dal dottor Celli. Egli prevede infatti l’applicazione di due bottoni ortodontici in sede chirurgica. Di sicuro per avere una soluzione immediata in caso di accidentale distacco, ma anche perché a volte è necessario cambiare il punto di applicazione della forza (fig. 1-4).

Fig. 3 OPT di controllo post avulsione 7.4, 7.5, 3.4

Materiali e metodi

Fig. 4 Particolare radiografico dell’odontoma diagnosticato tardivamente

È stata prescritta una nuova ortopantomografia. Nel frattempo sono erotti i secondi molari permanenti, ma soprattutto si evidenzia la presenza di un odontoma complesso immediatamente al di sopra della cuspide del canino di sinistra.

Quindi il vero motivo dell’inclusione dentaria è l’agglomerato di denticoli che ostacolano il normale processo di eruzione.

Il nuovo piano di trattamento prevede la rimozione chirurgica dell’odontoma e l’aggancio ortodontico del 3.3. Viene scelta una tecnica detta a “tunnel”, che prevede la trazione forzata dell’elemento incluso verso il centro della cresta alveolare, attraverso un tunnel creato nell’osso, in questo caso dovuto all’estrazione dell’odontoma (fig. 5-13).

Fig. 5 Immagine clinica pre operatoria. Fig. 6 Scollamento di un lembo a tutto spessore. Fig. 7 Rimozione dei singoli denticoli.
Fig. 8 Osteotomia pericoronale. Fig. 9 Mordenzatura dell’elemento incluso. Fig. 10 Applicazione bracket per trazione ortodontica.
Fig. 11, 12 Trazione ortodontica. Fig. 13 Rx di controllo.

Risultati

Fig. 14 Finalizzazione del caso.

Con la tecnica chirurgico-ortodontica si è riposizionato il 3.3 nella sua sede e con una seconda fase di terapia ortodontica fissa si è finalizzato il caso, livellando ed allineando le due arcate e chiudendo gli spazi estrattivi (fig. 14).

Conclusioni

Quando ci si presentano casi di inclusioni dentarie per affollamento e relativa discrepanza dento-alveolare, non dobbiamo procedere frettolosamente all’attuazione del nostro piano di trattamento, senza prendere in considerazione le altre possibili cause di inclusione stessa.

A volte ci possono essere delle concause che sfuggono alla nostra prima osservazione ma che decretano il fallimento della terapia scelta. Con molta umiltà dobbiamo rianalizzare il caso o rivolgerci a specialisti più esperti di noi.