Trattamento di cheratocisti odontogena: case report

Fig. 13 Immagine dell’istologico con ingrandimento 20x.
Fig. 13 Immagine dell’istologico con ingrandimento 20x.
Scopo del lavoro:

Lo scopo di questo lavoro è quello di illustrare il piano di trattamento di una cheratocisti odontogena di ampie dimensioni e in contiguità col nervo alveolare inferiore.

Materiali e metodi:

Un paziente di 42 anni si presenta presso il reparto di Chirurgia Orale dell’Ospedale San Raffaele, diretto dal prof. Raffaele Vinci, inviato dal suo odontoiatra di fiducia per la presenza di una lesione osteolitica a livello dell’angolo mandibolare destro. In seguito ad una valutazione clinica e radiografica di primo e di secondo livello, è stata individuata una lesione osteolitica a margini netti, di ampie dimensioni, in stretto rapporto col fascio alveolare inferiore e localizzata nella zona fra ramo e corpo mandibolare destro. Considerando le caratteristiche cliniche e radiografiche della lesione, è stato deciso, in accordo col paziente, di procedere con il trattamento di enucleazione della neoformazione e di analizzarla tramite un esame istopatologico. È stato eseguito un lembo triangolare sottoperiosteo e una procedura di ostectomia con manipolo dritto per un corretto accesso alla lesione. La lesione è stata poi incisa, rimossa e inviata al reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale San Raffaele.

Risultati:

Il percorso diagnostico e terapeutico realizzato ha portato a un’ottimale guarigione dei tessuti duri e molli del paziente. Inoltre, l’esame istologico ha poi confermato la diagnosi di cheratocisti odontogena di circa due centimetri e mezzo di lunghezza.

Conclusioni:

Una corretta e completa gestione del caso, costituita da valutazione clinica e da opportuni esami radiografici, permette di trattare lesioni anche di notevoli dimensioni e in contiguità con strutture nobili riducendo i rischi per il paziente e le possibilità di recidiva della lesione.

INTRODUZIONE

Con il termine cisti si intende una manifestazione patologica costituita da una cavità, contenente materiale liquido o semiliquido, circondata più internamente da uno strato epiteliale e più esternamente da una parete connettivale di rivestimento (1). Il contenuto racchiuso all’interno della lesione cistica, tipicamente di colore giallo e di composizione variabile, può essere sia prodotto dalle cellule adiacenti alla cavità che originare dai fluidi tissutali limitrofi e può diventare purulento in caso di sovra-infezione (2).

A livello di frequenza di riscontro, le cisti sono fra le lesioni più diffuse a livello sia del mascellare superiore che inferiore e la loro formazione è legata in gran parte a fenomeni di stimolazione dei residui epiteliali situati all’interno dei tessuti (3). Nonostante le lesioni cistiche siano tipicamente asintomatiche, esse tendono ad aumentare di dimensione a discapito dei tessuti circostanti e possono comportare varie forme di alterazioni scheletriche, dentali, gengivali e neurologiche

La cheratocisti odontogena è una neoformazione cistica delle ossa mascellari e rappresenta dal 3 all’11% di tutte le cisti odontogene. La precedente classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità sulle lesioni delle ossa mascellari definì questa lesione non come cisti ma come tumore, con il nome di tumore cheratocistico odontogeno (2005). Questa lesione presenta un epitelio squamoso paracheratinizzato con alta capacità di divisione cellulare e può essere riscontrabile come una delle manifestazioni cliniche della sindrome del carcinoma nevoide a cellule basali (3). Tuttavia, l’ultima classificazione WHO del 2017 non ha più definito questa lesione come tumore ma l’ha inclusa nella categoria delle lesioni cistiche di origine evolutiva con il nome di “cheratocisti odontogena”.

La stimolazione e lo sviluppo dei residui della lamina dentale o di cellule presenti negli strati basali dei tessuti molli rappresentano il processo di origine della cheratocisti odontogena (2). Inoltre, questa neoformazione risulta essere più frequente nel sesso maschile ed è associata nel 35/40% dei casi alla presenza di un’inclusione dentaria. Le zone più colpite da questa patologia sono i settori posteriori, in particolare a livello del terzo molare inferiore e del ramo mandibolare, mentre la diagnosi differenziale va posta con lesioni come l’ameloblastoma, la cisti follicolare, la cisti parodontale laterale, il mixoma e i tumori benigni non odontogeni.

Per realizzare un quadro diagnostico corretto è indispensabile la realizzazione di un esame radiografico di primo livello (OPT) per l’individuazione e per un iniziale rappresentazione radiografica della lesione. Inoltre, è necessaria la realizzazione di un esame radiografico di secondo livello (CBCT) in modo da valutare la posizione, la sede, i rapporti con le strutture vicine e le dimensioni della lesione cistica.

La cheratocisti odontogena presenta radiograficamente le seguenti caratteristiche: è una lesione radiotrasparente, di natura osteolitica, a margini ben definiti, con morfologia uni o multi-loculata e presenta un contorno radiopaco uniforme dovuto all’apposizione di osso alle estremità della lesione (osteite condensante).

Come le altre lesioni cistiche, la cheratocisti odontogena più tipicamente non dà alcuna sintomatologia. Tuttavia, può comportare, soprattutto se raggiunge ampie dimensioni, la comparsa di dolore, tumefazione, fistolizzazione e mobilità dentale (4).

Per quanto riguarda il trattamento della cheratocisti odontogena, numerose sono le possibili soluzioni terapeutiche. La terapia tradizionale è quella che prevede l’enucleazione della lesione associata a un curettage della cavità. Quest’ultima manovra è fondamentale per contrastare l’alta percentuale di recidiva derivante dalla possibile perforazione dell’esile rivestimento della cisti. In caso di possibile danno alle strutture di forza delle ossa mascellari causato da una procedura di cistectomia o in caso di forte contiguità con strutture nobili, è possibile praticare la marsupializzazione della lesione in alternativa o in associazione a l’enucleazione diretta della lesione. Inoltre, altre tecniche terapeutiche sono rappresentate dall’utilizzo della soluzione di Carnoy per la rimozione chimica della lesione in associazione alla chirurgia, la crioterapia e la resezione ossea.

Per poter scegliere e realizzare la miglior soluzione terapeutica possibile è necessario valutare attentamente le condizioni e le caratteristiche sia del paziente che della lesione in questione. Questo richiede un attento esame anamnestico, clinico e radiografico del caso in modo da ottimizzare la predicibilità dell’intervento e da ridurre i rischi associati.

MATERIALI E METODI

Un paziente di 42 anni si presenta presso il reparto di chirurgia orale dell’Ospedale San Raffaele di Milano, diretto dal prof. Raffaele Vinci, per la presenza di una lesione osteolitica a livello mandibolare individuata dal suo odontoiatra di fiducia durante l’esecuzione di una ortopantomografia.

Il paziente viene sottoposto a esame anamnestico e a un valutazione clinica intra ed extra-orale. L’indagine anamnestica non ha individuato alcun dato rilevante per la gestione medico-odontoiatrica del paziente. L’esame extra-orale viene realizzato tramite le procedure di ispezione e palpazione e risulta di particolare importanza, nel caso di sospetta lesione delle ossa mascellari, poiché potrebbe mostrare alterazioni visibili a livello del volto del paziente. Nel nostro caso specifico, questo esame non ha mostrato alcuna irregolarità o difetti associabili alla possibile patologia (fig. 1).

Fig. 1 Fotografia intraorale del paziente.
Fig. 1 Fotografia intraorale del paziente.

Successivamente è stato effettuato l’esame intraorale e, con l’ausilio della panoramica, sono state individuate: una corona protesica sull’elemento 1.5 con la presenza di devitalizzazione dell’elemento e di perno endocolanare, una ricostruzione occlusale sull’elemento 1.6, due corone protesiche sugli elementi 2.4 e 2.5 con devitalizzione e perni endocolonari, una ricostruzione conservativa sull’elemento 26, una ricostruzione protesica sull’elemento 2.7 con devitalizzazione, una ricostruzione occlusale sull’elemento 3.6, una devitalizzazione e ricostruzione post-endodontica di elemento 3.7 e una ricostruzione occlusale sugli elementi  4.6 e 4.7. Inoltre, dalla valutazione della panoramica risulta evidente la presenza di una lesione osteolitica a livello dell’angolo mandibolare destro in contiguità con il fascio alveolare inferiore (fig. 2)

Fig. 2 Ortopantomografia delle arcate del paziente.
Fig. 2 Ortopantomografia delle arcate del paziente.

In accordo col paziente, si decide di realizzare un secondo esame radiografico: la CBCT. Questo è un esame radiografico di secondo livello e il termine CBCT sta per “Cone Beam Computed Tomography”. Questo esame ci permette di valutare l’oggetto in esame nelle tre dimensioni tramite l’emissione di un fascio a forma conica (5). Di conseguenza è possibile superare i limiti intrinseci all’esame bidimensionale dell’OPT e ci consente di analizzare in maniera accurata e approfondita le caratteristiche della lesione. Le informazioni ricavate dall’esame della CBCT, come la dimensione della lesione e la relazione con strutture nobili, risultano fondamentali per una corretta pianificazione e realizzazione dell’intervento chirurgico, in modo da ridurre al minimo il rischio di complicanze per il paziente e per un miglior decorso postoperatorio possibile (fig. 3a-3g).

Fig. 3A Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3A Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3B Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3B Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3C Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3C Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3D Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3D Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3E Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3E Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3F Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3F Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3G Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).
Fig. 3G Sezioni della Cone Beam Computed Tomography (CBCT).

Le immagini ottenute raffigurano una lesione radiotrasparente, di notevoli dimensioni, uniloculata, a margini netti e in rapporto con il nervo alveolare inferiore.

L’analisi degli esami radiografici ha condotto i clinici verso la diagnosi di una neoformazione a carattere benigno e si è ipotizzato il sospetto diagnostico di cheratocisti odontogena. Si è scelto di procedere con l’exeresi chirurgica della lesione e con l’analisi tramite esame istologico.

Si sottopone il paziente ad una seduta di igiene orale preventiva all’intervento chirurgico in modo da eliminare possibili fattori infettivi che possono interferire col processo di guarigione della ferita a livello postoperatorio.

Il giorno dell’intervento chirurgico, previa accettazione del consenso informato, si procede all’esecuzione dell’anestesia locale per mezzo di articaina con adrenalina 1:100000. Viene eseguita quindi l’anestesia tronculare del nervo linguale, l’anestesia tronculare del nervo buccale, un’anestesia intra-ligamentosa di supporto ed anestesia plessica dei tessuti retro-molari e della mucosa alveolare vestibolare. Non è stata realizzata l’anestesia tronculare del nervo alveolare inferiore in modo da poter avere maggior consapevolezza del possibile avvicinamento o coinvolgimento della componente nervosa durante le manovre chirurgiche (fig. 4, 5).

Fig. 4 Fotografia preoperatoria.
Fig. 4 Fotografia preoperatoria.
Fig. 5 Visione pre-chirurgica con specchio laterale.
Fig. 5 Visione pre-chirurgica con specchio laterale.

Si procede quindi alla realizzazione del lembo di accesso alla lesione. È stato realizzato un lembo triangolare a spessore totale. La fase del disegno del lembo, precedente alla sua incisione, è di fondamentale importanza poiché esso deve sempre garantire un’ottima visibilità all’operatore, un ottimo accesso alla lesione e preservare un’adeguata vascolarizzazione. È stata effettuata una prima incisione paramarginale in mucosa masticatoria e apicalmente agli elementi 4.5, 4.6 e 4,7, in modo da lasciare integro il tessuto gengivale adiacente agli elementi dentari. In seguito, è stata ampliata la prima incisione con una seconda incisione di rilascio in zona retromolare, realizzata con un’inclinazione vestibolare per evitare la lesione del nervo linguale (fig. 6).

Fig. 6 Lembo d’accesso alla lesione.
Fig. 6 Lembo d’accesso alla lesione.

In seguito al disegno del lembo e alla sua incisione, si procede alla sua elevazione grazie all’utilizzo di strumenti scollatori, come il Prichard, che permettono il distacco del lembo senza danneggiare o lesionare i tessuti (fig. 7a, 7b).

Fig. 7A Ostectomia d’accesso alla lesione cistica.
Fig. 7A Ostectomia d’accesso alla lesione cistica.
Fig. 7B Ostectomia d’accesso alla lesione cistica.
Fig. 7B Ostectomia d’accesso alla lesione cistica.

Tenendo sempre divaricati i tessuti molli in modo da evitare possibili lesioni a strutture nervose e vascolari, si procede con l’ostectomia. Questa fase consiste nella rimozione del tessuto osseo necessario al corretto accesso alla lesione, in modo da poter ottenere la giusta visibilità e l’adeguato spazio per l’utilizzo degli strumenti atti all’enucleazione della lesione. In questo caso è stato utilizzato uno strumento rotante a bassa velocità con una fresa a rosetta. Nel caso di utilizzo di strumenti rotanti tradizionali, risulta imprescindibile lavorare a velocità ridotte per consentire all’operatore di avere il maggior controllo possibile sul tessuto osseo e di ridurre le possibilità di lesione iatrogena (fig. 8a, 8b).

Fig. 8A Incisione della lesione per mezzo del bisturi.
Fig. 8A Incisione della lesione per mezzo del bisturi.
Fig. 8B Incisione della lesione per mezzo del bisturi.
Fig. 8B Incisione della lesione per mezzo del bisturi.

Una volta realizzata l’ostectomia, si procede con l’incisione della lesione cistica con l’utilizzo del bisturi per permettere il drenaggio della cisti e favorirne la rimozione (fig. 9a, 9b).

Fig. 9A Enucleazione della lesione.
Fig. 9A Enucleazione della lesione.
Fig. 9B Enucleazione della lesione.
Fig. 9B Enucleazione della lesione.

Con l’utilizzo di un cucchiaio alveolare si ottiene il distacco della cisti dalle pareti ossee e si completa l’enucleazione della lesione con l’ausilio di una pinza chirurgica. La cavità ossea viene poi revisionata con strumenti manuali per rimuovere i possibili residui cistici rimasti e per favorirne la guarigione. Il fascio vascolo nervoso alveolare inferiore non è stato lesionato, così come le altre strutture nobili a rischio (fig. 10).

Fig. 10 Cavità residua.
Fig. 10 Cavità residua.

Successivamente sono state inserite all’interno della cavità delle spugne a base di collagene per garantire una maggiore stabilità al coagulo e per favorire il processo di emostasi. Inoltre, queste spugne di collagene sono state imbevute con una soluzione di clorexidina gluconato per promuovere il processo di guarigione grazie alle sue capacità antisettiche e antimicrobiche (fig. 11, 12) (6).

Fig. 11 Accollamento dei lembi e sutura.
Fig. 11 Accollamento dei lembi e sutura.
Fig. 12 Prelievo bioptico della lesione.
Fig. 12 Prelievo bioptico della lesione.

Dopo aver affrontato i lembi e averne verificato la mancanza di tensione tissutale, è stata realizzata una sutura con filo riassorbibile 4/0 in vicryl. La neoformazione, una volta rimossa, è stata posta su un telino sterile ed è stata misurata ed analizzata. Le sue dimensioni raggiungono i due centimetri e mezzo ed il sospetto clinico è di cheratocisti odontogena. La lesione è stata inserita in un recipiente contenente formalina ed è stata inviata al reparto di Anatomia Patologica per la realizzazione dell’esame istologico.

È stata prescritta la profilassi antimicrobica a base di amoxicillina-acido clavulanico per 6 giorni, la terapia antinfiammatoria in associazione alla terapia analgesica e sciacqui con collutorio a base di clorexidina per ridurre la possibilità di insorgenza di infezione del sito chirurgico e per favorirne la guarigione.

Infine, è stata indicata al paziente la necessità di un controllo clinico e radiografico del sito chirurgico a cadenza trimestrale fino a guarigione radiografica della lesione.

RISULTATI

Il reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale San Raffaele ha successivamente confermato la diagnosi di cheratocisti odontogena, costituita da epitelio squamoso pluristratificato e paracheratinizzato (fig. 13, 14).

Fig. 13 Immagine dell’istologico con ingrandimento 20x.
Fig. 13 Immagine dell’istologico con ingrandimento 20x.
Fig. 13 Guarigione a distanza di una settimana.
Fig. 13 Guarigione a distanza di una settimana.

I controlli a distanza hanno mostrato un’ottima guarigione dei tessuti e non sono state rilevate alterazioni o anomalie a livello intra ed extra-orale. Attraverso la valutazione dell’OPT, realizzata circa un anno dopo l’intervento di enucleazione, possiamo notare che i tessuti duri hanno ottenuto un grado ottimale di riformazione ossea.

Fig. 14 OPT dopo un anno dall'intervallo.
Fig. 14 OPT dopo un anno dall'intervallo.

DISCUSSIONE

Fatta eccezione per le cisti radicolari che possono regredire a seguito di trattamento endodontico e per alcune lesioni che non richiedono alcun intervento, le lesioni cistiche vengono solitamente trattate tramite la chirurgia (7).

Il trattamento di prima scelta delle lesioni cistiche, in caso di lesioni di dimensioni ridotte e in assenza di contiguità con strutture anatomiche a rischio, è l’enucleazione. Questa soluzione permette di rimuovere in una singola seduta l’intera neoformazione e viene seguita dalla procedura di revisione della cavità per rimuovere residui cistici rimasti.

L’altra soluzione chirurgica più diffusa è la marsupializzazione (8). Questa tecnica consiste nel mettere in competizione la cisti con la pressione esterna, permettendo di ridurre le sue dimensioni e consentendo la rigenerazione ossea e la riduzione della cavità cistica (9). In seguito, è possibile eseguire l’enucleazione della lesione cistica più facilmente e con meno rischi per le strutture anatomiche limitrofe. Questa tecnica richiede frequenti visite, mantenimento dell’igiene della cavità cistica e, in caso di tecnica combinata, la successiva enucleazione della lesione cistica dopo almeno 3 mesi (10). Rispetto alla procedura di enucleazione, questa soluzione terapeutica presenta il vantaggio di una maggior semplicità di esecuzione e consente di trattare lesioni di ampie dimensioni la cui enucleazione può mettere a rischio l’integrità delle strutture vicine. Tuttavia, la marsupializzazione implica tempistiche terapeutiche e postoperatorie maggiori e, secondo lo studio di Habibi et al., presenta un tasso di recidive più alto rispetto alla tecnica di cistectomia per il trattamento della cheratocisti odontogena (11).

Altre tecniche terapeutiche meno utilizzate per il trattamento della cheratocisti odontogena sono l’utilizzo della soluzione di Carnoy, la crioterapia e la resezione in blocco. La soluzione di Carnoy è una sostanza che può essere utilizzata in associazione alla chirurgia per eliminare porzioni di epitelio cistico che possono residuare nella cavità in seguito all’enucleazione. Questa soluzione agisce grazie alle sue capacità sia di fissazione che di sclerosi del tessuto e consente di ridurre il tasso di recidiva (12, 13). La crioterapia è una tecnica che può essere utilizzata in associazione alla chirurgia e permette di aggredire la lesione cistica tramite la formazione di cristalli di ghiaccio nel tessuto, riducendo la frequenza di recidiva (14). Infine, la tecnica di resezione in blocco è una soluzione che presenta una bassa incidenza di recidiva ma viene meno utilizzata poiché presenta un’elevata invasività e morbilità.

CONCLUSIONI

Il clinico, qualora riscontrasse una lesione cistica dei mascellari durante l’attività professionale, deve essere in grado di gestire la lesione e di determinare il miglior percorso terapeutico a seconda del caso.

La cheratocisti odontogena rappresenta una delle lesioni cistiche più diffuse e, se non individuata precocemente, può raggiungere anche notevoli dimensioni a discapito dei tessuti limitrofi.

La valutazione della lesione deve essere effettuata in maniera accurata per poter scegliere il miglior trattamento chirurgico in relazione ai vantaggi e svantaggi che le differenti soluzioni terapeutiche presentano.

Questo caso clinico ci dimostra come un corretto iter diagnostico, composto da una completa valutazione clinica e radiografica, ci consente di trattare lesioni anche di notevoli dimensioni e a stretto rapporto con strutture nobili in maniera sicura e predicibile, al fine di ridurre il costo biologico per il paziente e di massimizzare i benefici dell’intervento.

Bibliografia:

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2. Barone A, Bianchi A.E. “Manuale di chirurgia Orale”, SICOI. Edra-Masson, editor. Milano; 2016.

3. T. Anedda, L. Serioli, A. Clivio, A. Rossi, M. Chiapasco. “Iter diagnostico per la diagnosi delle lesioni radiotrasparenti dei mascellari”. Dental Cadmos vol. 81, 5 (2013): 250-276. doi:10.1016/S0011-8524(13)70050-3.

4. Rajendra Santosh, Arvind Babu. “Odontogenic Cysts.” Dental clinics of North America vol. 64,1 (2020): 105-119. doi:10.1016/j.cden.2019.08.002.

5. Pauwels R. et al. “Technical aspects of dental CBCT: state of the art.” Dento maxillo facial radiology vol. 44,1 (2015): 20140224. doi:10.1259/dmfr.20140224.

6. Vinci R. et al. “Enucleation of large residual cyst upper maxilla: diagnosis and surgical management”. Doctor OS, 2020.

7. Kinard B, Hansen G, Newman M, Dennis P, Haeffs T, Perez S, Hamao-Sakamoto A, Steed M, Hughes P, August M, Abramowicz S. How well do we manage the odontogenic keratocyst? A multicenter study. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol 2019 Apr;127:282-8.

8. Partsch C. Zur Behandlung der kieferzysten. Dtsch Monatssch Zahnheilkd. 1910; 28: 252-60.

9. Chiapasco M, Rossi A, Motta JJ, Crescentini M. Spontaneous bone regeneration after enucleation of large mandibular cyst: radiographic computed analysis of 27 consecutive cases. J Oral Maxil-lofac Surg. 2000 Sep;58(9):942-8; discussion 949.

10. Shokier HM, Khalifa GA. Assessment of bone healing in large bony defects after enucleation of jaw cysts without using any graft material using direct digital radiography and C.T.scan (clinical study). C. D. J. 2009; 25:35–42.

11. Habibi Ataollah et al. “Keratocystic odontogenic tumor: a 10-year retrospective study of 83 cases in an Iranian population.” Journal of oral science vol. 49,3 (2007): 229-35.

12. Lal, B et al. “Role of Carnoy's solution as treatment adjunct in jaw lesions other than odontogenic keratocyst: a systematic review.” The British journal of oral & maxillofacial surgery vol. 59,7 (2021): 729-741.

13. Voorsmit R. A. et al. “The management of keratocysts.” Journal of maxillofacial surgery vol. 9,4 (1981): 228-36.

14. Tonietto Leonardo et al. “Enucleation and liquid nitrogen cryotherapy in the treatment of keratocystic odontogenic tumors: a case series.” Journal of oral and maxillofacial surgery: official journal of the American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons vol. 69,6 (2011): e112-7.

Materials and methods:

A 42 years-old patient comes to the Oral Surgery Department of San Raffaele Hospital, referred by his dental specialist, for the presence of an osteolytic lesion at the level of the right mandibular angle. A clinical examination is carried out. After first and second-level radiographic evaluation, an osteolytic lesion with sharp margins and large in size is identified in close relation to the inferior alveolar bundle, located in the area between the right mandibular ramus and body. According with the patient and considering the clinical and radiographic features of the lesion, enucleation, analysis and histo-pathological examination of the neoformation are proceeded. A subperiosteal triangular flap and an ostectomy with a straight handpiece are performed for a proper access to the lesion. The lesion is then incised, removed, and sent to the Pathologic Anatomy Department of San Raffaele Hospital.

Aim of the work:

The aim of this paper is to elucidate the treatment of a large size odontogenic keratocyst in contiguity with the inferior alveolar nerve.

Results:

The performed diagnosis and therapy result in a successful healing of patient both soft and hard tissues. The histological examination confirms the diagnosis of an odontogenic keratocyst of about two and a half centimeters in length.

Conclusion:

Due to a correct case management, it is possible treating lesions even of considerable size and in contiguity with noble structures. Thanks to the complete clinical evaluation and appropriate radiographic examinations, the reduction of patient risks and the lesion recurrence chances are feasible.