
Illustrare il concetto di minimo intervento (MI) e odontoiatria minimamente invasiva (MID) applicati all’odontoiatria pediatrica quotidiana.
Chiarendo cosa si intenda per MI e per MID, vengono illustrate le diverse strategie terapeutiche finalizzate non solamente alla massima preservazione di struttura dentale ma in particolare al massimo rispetto del piccolo paziente. In quest’ottica di odontoiatria pediatrica “centrata sul bambino” in sinergia con le competenze dell’ortodonzia intercettiva, sarà possibile adottare un approccio efficace, efficiente e “bimbo-friendly”.
Il minimo intervento risulta essere una strategia vincente in termini di successo a lungo termine inteso sia come assenza di malattia che come comfort del piccolo paziente. In particolare, le strategie restaurative minimamente invasive, pur richiedendo un’elevata professionalità in termini di diagnosi, di accuratezza e precisione operativa oltre che di gestione del bambino, si rivelano essere ugualmente predicibili a trattamenti decisamente più invasivi e impegnativi per il piccolo paziente.
Abbracciare l’odontoiatria pediatrica e l’ortodonzia del minimo intervento significa passare ad una pratica clinica ed extraclinica quotidiana meno frustrante e più soddisfacente per l’operatore, i caregivers e il bambino.
Da dove partiamo
Da diversi decenni è evidente come la strategia terapeutica vincente nei confronti della patologia cariosa, parodontale e odontoiatrica in generale, sia quella basata sulla prevenzione e sul trattamento meno invasivo possibile. Possiamo definire questo modello di cura come odontoiatria del minimo intervento (1).
Non abbracciare questa filosofia di trattamento porta il paziente a ricadere in quella che viene definita la “spirale restaurativa” ovverosia un circolo vizioso nel quale, concentrandosi sul mero fenomeno clinico e non sulle sue cause, si proceda a continui interventi non solo non risolutivi ma che anzi predispongono all’esecuzione successiva di ulteriori interventi più invasivi. In un contesto pediatrico a tutto ciò si aggiunge ovviamente il rischio di perdere una eventuale collaborazione raggiunta dal piccolo paziente.
Ciononostante, il concetto di “odontoiatria minimamente invasiva” ancora oggi risulta essere poco chiaro, basti pensare come l’utilizzo di sistemi ingrandenti performanti oltre che di strumenti rotanti di ridotte dimensioni, spesso considerato come sinonimo di minima invasività, rappresenti in realtà solo una delle diverse condizioni necessarie, e non certo sufficienti, alla pratica dell’odontoiatria minimamente invasiva propriamente detta. A questo proposito è doveroso fare chiarezza sul significato di alcuni termini che verranno utilizzati nel corso di questo breve articolo.
Di cosa stiamo parlando
L’odontoiatria del minimo intervento è una filosofia di cura del paziente basata sul trattamento delle cause della patologia ancor prima dei suoi sintomi.
Allorquando indicato, si prediligeranno quindi eventuali soluzioni terapeutiche “mediche” della carie. Sarà nostro compito dunque attuare tutte quelle misure di prevenzione primaria, secondaria e terziaria della malattia cariosa.
Al fine di prevenire l’insorgenza di nuove lesioni cariose sarà indicato porre il paziente in una condizione di corretto bilanciamento tra esposizione ai fattori protettivi (mediante utilizzo di prodotti fluorati) e controllo dei fattori di rischio (mediante modulazione della dieta e istruzione alle manovre di igiene orale domiciliare).
Allo stesso modo sarà indicato prevenire l’evoluzione di eventuali lesioni cariose già presenti intercettando quest’ultime attraverso una diagnosi il più precoce possibile, realizzata attraverso una periodica valutazione clinico strumentale.
Infine, in caso di presenza di restauri deficitari sarà doveroso prendere innanzitutto in considerazione eventuali possibilità di riparazione, da prediligere alla mera sostituzione che spesse volte si traduce in uno shift verso tipologie restaurative più invasive (fig. 1).

È evidente, dunque, come ad esempio in campo restaurativo esistano molteplici strategie terapeutiche appartenenti a quella parte dell’odontoiatria del minimo intervento definita come odontoiatria minimamente invasiva e quindi finalizzate al massimo rispetto della struttura dentale residua oltre che, in ambito pediatrico, al comfort del piccolo paziente.
Possiamo intendere quindi l’odontoiatria minimamente invasiva come quella parte del minimo intervento rivolta al trattamento di quelle lesioni cariose che hanno raggiunto la “soglia” di reversibilità in termini di potenziale di remineralizzazione.
Il restauro passa dall’essere l’obiettivo centrale di ogni piano di trattamento, ad opzione da prendere in considerazione solo in determinate condizioni cliniche.
Pensare “minimal” in odontoiatria pediatrica
Relativamente alla filosofia del minimo intervento applicata alla malattia cariosa del paziente pediatrico risulta mandatoria l’esecuzione di alcuni passaggi tra cui:
Valutazione individuale del rischio di carie
A questo scopo andrà valutata la presenza di:
- fattori clinici: lesioni cariose cavitate pregresse, lesioni iniziali e moderate, placca batterica
- fattori protettivi: igiene orale, esposizione a prodotti fluorati
- fattori biologici: status orale materno, stato socioeconomico genitori, frequenza fuori pasto.
- In letteratura sono stati descritti diversi sistemi di valutazione del rischio di carie. Ad oggi non risulta evidente la superiorità di un modello rispetto ad un altro (2), è quindi suggeribile l’utilizzo di metodiche semplificate (3) che siano dunque non solo efficaci ma anche efficienti e applicabili alla realtà clinica quotidiana.
Diagnosi precoce delle lesioni cariose iniziali e loro trattamento
A questo scopo, previa pulizia delle superfici dentali, sarà mandatorio eseguire una:
- diagnosi precoce delle lesioni cariose iniziali per mezzo di osservazione con sistemi ingrandenti, di ispezione e di eventuali esami radiografici strumentali. Sono descritti in letteratura diversi devices aggiuntivi di completamento di facile esecuzione (laser a infrarossi, transilluminazione DIFOTI, metodiche di rilevazione a fluorescenza QLF);
- valutazione della severità della lesione mediante sistematiche di valutazione sufficientemente accurate da poter distinguere le lesioni iniziali dalle lesioni moderate e dalle lesioni avanzate;
- valutazione dell’attività della lesione stessa mediante osservazione con sistemi ingrandenti e ispezione sulla base del colore e della consistenza del tessuto demineralizzato e/o cariato.
- Esiste una buona evidenza a sostegno di come le lesioni cariose iniziali non cavitate possano essere trattate mediante procedure “non operative” (4) quali la remineralizzazione (ad opera di prodotti ad alta concentrazione di fluoro) oltre che per mezzo di procedure “micro-invasive” (5) quali la sigillatura (con utilizzo di materiali vetroionomerici, resinosi e resinosi bioattivi) e l’infiltrazione (attraverso l’utilizzo di resine a basso peso molecolare).
A questo proposito, come suggerito dalle Raccomandazioni cliniche in odontostomatologia, risulta mandatorio effettuare la prima visita odontoiatrica almeno entro i 18-24 mesi, indipendentemente dalla presenza o meno di problematiche dentali (6)
Applicazione individualizzata dei principi del minimo intervento
Risulterà quindi indicato fin dai primi anni di vita dare le giuste indicazioni in termini di alimentazione, di igiene orale (attraverso detersione delle gengive e delle mucose orali, spazzolamento degli elementi decidui presenti) e di corretta esposizione a prodotti fluorati nei modi e nei tempi più appropriati. Allorquando vi siano lesioni cariose iniziali non cavitate saranno da preferire metodiche non operative o micro-invasive, riservando le strategie di trattamento mininvasivo alle lesioni cariose avanzate.
In sintesi, quindi, la nostra pratica clinica pediatrica guidata dal minimo intervento si baserà sul controllo della malattia cariosa attraverso una accurata e precisa gestione dei fattori di rischio, una diagnosi precoce delle lesioni cariose iniziali meritevoli di trattamento non invasivo e micro-invasivo ed un trattamento mininvasivo delle lesioni cariose moderate ed avanzate.
Lesioni cariose: istruzioni per l’uso
Possiamo definire la malattia cariosa come una malattia da scompenso tra fattori protettivi e fattori patologici tali per cui il fisiologico processo di demineralizzazione della struttura dentaria non sia bilanciato dalla capacità di remineralizzazione da parte del paziente.
Il risultato clinico di questo scompenso è la lesione cariosa (7). L’odontoiatra pediatrico ha il compito di curare la carie anche attraverso il trattamento delle lesioni cariose. La decisione di condurre trattamenti di tipo non invasivo, micro-invasivo e mininvasivo, non può non prescindere da una accurata identificazione della lesione cariosa in termini di tipologia e di attività. È evidente, dunque, come in quest’ottica la mera distinzione tra lesioni cariose con o senza cavitazione estesa in dentina non sia sufficiente.
Risulteranno necessari ulteriori sistemi di classificazione che siano sufficientemente accurati e precisi nell’identificazione della lesione cariosa in termini di alterazioni di colore e di struttura, oltre che in termini di grado di attività. Con l’ausilio di una buona illuminazione e di un adeguato sistema ingrandente, previa pulizia (con spazzolini rotanti ed eventualmente con polveri abrasive a bassa granulometria) e asciugatura della superficie dentale (fig. 2), sarà possibile identificare la lesione cariosa come iniziale (presenza di sola alterazione di colore), moderata (presenza di cavitazione limitata allo smalto o di ombreggiatura sottostante) o avanzata (presenza di cavitazione estesa alla dentina), a questo scopo si suggerisce l’adozione della sistematica ICDAS (8).

Per quanto riguarda la valutazione dell’attività o meno della lesione ci affideremo ai criteri di Nyvad (9) basati sul colore (un colore scuro è indice di non attività della lesione cariosa) e sulla consistenza (una consistenza morbida è indice di attività della lesione cariosa) (fig. 3).

Trattamento non invasivo, micro-invasivo, mininvasivo: ad ognuno il suo
Una volta individuata la lesione cariosa in termini di entità e attività, sarà possibile valutare la tipologia di trattamento più indicata. Questa decisione dovrà necessariamente tenere conto della collaborazione del bambino mediante una valutazione continua e ripetuta della sua collaborazione ad ogni appuntamento. Si distingueranno dunque metodiche di trattamento non – micro e minimamente invasive.
Trattamento non invasivo
Allorquando tratteremo pazienti a basso rischio carie con lesioni cariose iniziali, quindi senza alcuna componente cavitaria, è suggeribile adoperare manovre terapeutiche non invasive mediante motivazione ad una corretta alimentazione ed utilizzo ragionato di prodotti fluorati (10) (dentifrici, gel, vernici) alle quali eventualmente aggiungere strategie terapeutiche micro-invasive che invece saranno fortemente raccomandate in caso di pazienti a medio e ad alto rischio carie.
Ad oggi esiste una crescente evidenza di alta qualità riguardo alla possibilità di poter trattare anche lesioni cariose avanzate attraverso terapie non invasive realizzate con prodotti a base di argento e fluoro ad alte concentrazioni (SDF – silver diamine fluoride) (11). È descritto in letteratura anche l’utilizzo di macchinari eroganti Ozono puro sempre finalizzati all’arresto della lesione cariosa attiva (12) (fig. 4).

Trattamento micro-invasivo
Come anticipato l’esecuzione di manovre terapeutiche micro-invasive in caso di lesioni iniziali è opzionale in pazienti a basso rischio e raccomandata in caso di pazienti a medio e alto rischio carie.
Per trattamento micro-invasivo ci riferiamo alla sigillatura dei solchi e delle fessure per quanto riguarda le lesioni interessanti le superfici occlusali. Per quanto riguarda le superfici lisce in generale ed interprossimali in particolare il trattamento micro-invasivo è rappresentato dall’infiltrazione (con sistemi adesivi, resine a basso peso molecolare, sigillanti).
L’efficacia di questi trattamenti micro-invasivi si basa sull’arresto della progressione della lesione sigillata o infiltrata (13) ottenuta per mezzo di una combinazione tra effetto meccanico di barriera tra il cavo orale e la lesione e, in caso di utilizzo di materiali bioattivi (cementi vetroionomerici (fig. 5) e “smart materials” (fig. 6)), un effetto biologico derivato dalla liberazione di ioni da parte del materiale.


Ad oggi esiste una crescente evidenza di alta qualità riguardo la possibilità di poter trattare anche lesioni cariose moderate con cavitazione in smalto attraverso terapie micro-invasive (14).
Trattamento mininvasivo
In termini di procedure restaurative minimamente invasive in odontoiatria pediatrica ci occuperemo delle lesioni cosiddette “moderate” o “avanzate” nelle quale sia già evidente una componente cavitaria estesa o meno alla dentina. Parleremo quindi di metodiche restaurative atraumatiche e metodiche restaurative convenzionali entrambe basate sul concetto di rimozione selettiva della carie.
Rimozione selettiva della carie
Indipendentemente dalla metodica restaurativa prescelta, la gestione delle lesioni cariose cavitate, specie se estese alla dentina, impone al clinico grandi sfide derivate da un lato dalla complessità tecnica di eseguire una adeguata e selettiva rimozione del tessuto carioso, dall’altro dal reale rischio di provocare una esposizione pulpare se non la perdita di vitalità dell’elemento, eventi che specialmente in odontoiatria pediatrica possono portare ad un aumento del rischio di perdita di collaborazione da parte del bambino (15).
I concetti tradizionali di rimozione non selettiva della dentina cariata (detta anche rimozione completa o totale) prevedono una rimozione della lesione fino a quando la dentina residua non sia definibile come “dura” (hard dentine) indipendentemente dalla sua profondità. È evidente come questa tipologia di approccio possa più facilmente condurre verso esposizioni pulpari e perdita di vitalità dell’elemento in questione (fig. 7).

In caso di lesione avanzata (quindi con cavitazione estesa alla dentina) e moderatamente vicina alla camera pulpare (che non raggiunga il terzo più profondo della dentina), sarà suggeribile limitarsi procedendo con una rimozione selettiva della dentina cariata (detta anche rimozione incompleta o parziale) fermandosi però allorquando il substrato sia costituito da una dentina con consistenza simile al cuoio (leathery dentine) Allorquando la lesione cariosa oltre ad essere avanzata è anche profonda (che interessa il terzo interno della dentina), sarà indicato limitare ulteriormente la rimozione di dentina cariata fermandosi non appena il substrato nel fondo cavitario sia costituito da dentina residua “morbida” (soft dentine).
La rimozione selettiva della carie potrà essere eseguita mediate strumenti meccanici rotanti o manuali. Crescente è l’evidenza secondo cui l’ausilio di un mezzo chimico di rimozione della carie (a base di ipoclorito o di enzimi derivati dalla papaina) sia in grado di facilitare l’operatore durante questa delicata procedura. (16) (fig. 8).

Trattamento restaurativo atraumatico
Si tratta di un approccio minimamente invasivo finalizzato sia alla prevenzione dell’insorgenza di nuove lesioni cariose che all’arresto di quelle presenti. Il razionale è quindi quello di provvedere alla sigillatura preventiva delle zone non coinvolte da lesioni, alla sigillatura terapeutica delle zone coinvolte da lesioni iniziali, al restauro delle zone coinvolte da lesioni avanzate. Esistono diverse varianti del trattamento restaurativo atraumatico, tutte accumunate dal non utilizzo di alcuna tipologia di anestetico locale e/o di isolamento assoluto del campo operatorio. Detto questo va ricordato come la tecnica A.R.T originale introdotta da Frencken negli anni 90 (17) preveda chiaramente l’utilizzo esclusivo di strumenti manuali nella fase di preparazione cavitaria, e di cementi vetroionomerici polvere liquido in fase di restauro (fig. 9).

In termini di rimozione della lesione cariosa queste varianti consistono nell’utilizzo singolo o congiunto di:
- strumenti meccanici (rotanti, oscillanti)
- mezzi di rimozione chemo-meccanica della carie (a base di ipoclorito, derivate dalla papina)
- meccanismi di disinfezione chimica (SDF, ozono) e luminosa (laser)
- foto-ablazione (laser).
- In termini di restauro dell’elemento queste varianti consistono nell’utilizzo singolo o congiunto di:
- cementi vetroionomerici ad alta viscosità
- cementi vetroionomerici modificati con resina
- materiali resinosi idrofili bioattivi (“smart materials”).
Da diversi anni esiste una forte evidenza riguardo la possibilità di trattare in modo micro-invasivo anche lesioni cariose avanzate mediante applicazione, oltre che di cemento vetroionomerico a bassa viscosità, anche di una corona metallica preformata con lo scopo di fungere da sigillo coronale periferico (18).
Trattamento restaurativo convenzionale
Si tratta probabilmente di quella procedura che più si avvicina a quanto praticato solitamente nell’odontoiatria restaurativa di tutti i giorni. Questa tipologia di trattamento prevede infatti nella maggior parte dei casi l’esecuzione di anestesia locale oltre che l’ottenimento di un isolamento assoluto del campo operatorio; ciò si deve all’utilizzo di sistemi adesivi e materiali a base resinosa quindi idrofobi (fig. 10).

In odontoiatria pediatrica, minima invasività significa anche riduzione del numero di passaggi e conseguentemente dei tempi intraoperatori. A questo proposito sarà dunque consigliabile utilizzare metodiche restaurative semplificate non inferiori alle metodiche restaurative convenzionali. In termini di sistema adesivo si consiglia dunque l’utilizzo di sistemi adesivi universali (19) previa eventuale mordenzatura selettiva dello smalto. Per quanto riguarda il materiale da restauro esiste una crescente evidenza secondo cui si possa consigliare l’utilizzo di resine composite di tipo “bulk” (20) ossia in grado di essere stratificati mediante apporti di altezza pari a 4 mm.
Conclusioni
L’odontoiatria pediatrica richiede una profonda conoscenza della malattia cariosa oltre che di adeguate abilità comunicative verso i piccoli pazienti e i loro caregiver. La necessità di mantenere un continuo e attivo contatto intraoperatorio con il bambino impone il “fare proprie” le diverse procedure tecniche che andranno applicate con accuratezza e precisione. In questo contesto, adottare i principi del minimo intervento in un’ottica di gestione multidisciplinare orto-pedodontica del bambino, risulta essere un approccio vincente e confortevole per l’operatore, i caregiver e in particolare per il bambino.