INTRODUZIONE
Per comprendere come i farmaci influenzano il movimento ortodontico e prevedere quindi gli effetti a lungo termine che la loro assunzione comporta sulla terapia ortodontica, è importante conoscere prima di tutto quali sono i meccanismi alla base della trasmissione delle forze ortodontiche e del movimento che esse comportano. Numerose e valide sono le teorie ad oggi note, ma ancora risultano poco chiari gli aspetti della “meccano-trasduzione” e delle relative risposte genomiche, vista la complessità delle reazioni molecolari e della loro regolazione genetica.
Biologia molecolare del movimento ortodontico
Una revisione della letteratura condotta da Krishnan e Davidocith ha proposto un modello di quelli che potrebbero essere i meccanismi molecolari del movimento ortodontico (1). Gli autori introducono il concetto di “transegrità” (già precedentemente coniato dall’ingegnere Buckminster Fuller e poi applicato alla biologia molecolare dal biologo Donald E. Ingber) applicato alle cellule: una continua tensione strutturale all’interno e all’esterno della cellula data dalle tre strutture molecolari del citoscheletro connesse al nucleo e alla membrana cellulare, attraverso le integrine alla matrice extracellulare e attraverso le caderine alle cellule adiacenti. Questo sistema in continua tensione non solo consente l’omeostasi di forma e quindi di funzione cellulare e tissutale, ma permette anche la rapida risposta delle cellule e dei tessuti a stimoli esterni meccanici, chimici o di altro genere.
Quando una forza esterna viene applicata ad un tessuto determina inizialmente una deformazione fisica che comporta nella struttura e nella funzione della matrice extracellulare (ECM) profondi cambiamenti trasmessi alle cellule da molecole coinvolte nell’adesione cellulare, come le integrine.
Per “meccanocezione” si intende quel processo attraverso il quale le cellule “sentono” i cambiamenti strutturali nella matrice extracellulare, causati da carichi meccanici esterni. Questa “sensazione” attiva reazioni biochimiche che generano energia e determinano cambiamenti strutturali e funzionali delle proteine citoscheletriche che a loro volta propagano il segnale nel nucleo attraverso un processo definito “meccanotrasduzione”, in cui l’energia meccanica è convertita in segnali biochimici e/o elettrici.
Da parte dei tessuti ci sono quindi quattro essenziali momenti correlati tra loro nella trasduzione degli stimoli meccanici: meccanocezione da parte delle cellule, trasduzione dello stimolo in un segnale biochimico, trasmissione del segnale biochimico alle cellule effettrici, risposta delle cellule effettrici. Caratteristica unica di questo schema in ortodonzia è l’interazione tra tessuti diversi, mineralizzati e non, che dà luogo, come risposta alla forza ortodontica, al movimento dentario.
Il movimento ortodontico è infatti il risultato di risposte biologiche (evocate da eventi meccanici) da parte di tutto il complesso dei tessuti del parodonto: la matrice extracellulare (ECM), le cellule dell’osso alveolare, del legamento parodontale (PDL), della gengiva, i vasi sanguigni e gli elementi neurali associati.
Ogni sistema cellulare nei tessuti parodontali è equipaggiato con meccanocettori; in questo modo ogni stimolo meccanico è in grado di attivare diversi meccanocettori con una cascata di eventi cellulari che porta al rimodellamento di vari tessuti, grazie alle cellule dell’osso alveolare (osteociti, osteoblasti, osteoclasti), del PDL e della gengiva (fibroblasti), dei vasi sanguigni (cellule endoteliali) e dei tessuti nervosi (cellule neuronali e dendritiche). Ulteriori tipi cellulari sono derivati dal sistema immunitario attraverso il circolo saguigno (cellule infiammatorie e progenitori osteoclasti). Ciascuno di questi tessuti ha il suo percorso molecolare di risposta allo stimolo meccanico, con processi di meccanocezione e meccanotrasduzione o semplicemente con cascate di segnali derivate dai suddetti processi.
Comportamento cellulare dei tessuti parodontali nei siti di tensione e compressione
Le forze ortodontiche (continue, interrotte, intermittenti) generano sollecitazioni sui denti e sui tessuti parodontali. Queste sollecitazioni non sono uniformi ma sviluppano un insieme di aree in cui prevalgono la tensione e la compressione creando condizioni favorevoli per il rimodellamento dei tessuti (2). Le cellule del PDL danno differenti risposte molecolari agli stress di tensione e compressione, in termini di sintesi e di degradazione dell’ECM.
Si è visto che la differente espressione di tre citochine (TGF-b, IL-10 e TNF-a) può fornire una spiegazione su come dal lato della tensione si verifichi neoapposizione ossea e dal lato della compressione riassorbimento. Il TGF-b agisce nell’area della tensione inducendo proliferazione di fibroblasti nel PDL, reclutamento di osteoblasti e induzione della loro differenziazione, down-regolazione delle MMPs ed up-regolazione delle TIMPSs, aumentando la produzione di proteine della matrice ossea. Nelle aree di compressione invece, lo stesso fattore inibisce il reclutamento degli osteoclasti e sopprime la loro attività.
Il TNF-a, aumentando nei siti di compressione, stimola la produzione di MMPs e di RANKL, direttamente coinvolti nel riassorbimento osseo. Questo viene invece inibito dalla citochina antinfiammatoria IL-10 che up-regola l’OPG e down-regola il RANKL.
Inoltre le chemochine, sostanze chemiotattiche, agiscono regolando l’angiogenesi, la migrazione cellulare, la proliferazione cellulare e l’apoptosi. Esse determinano una serie di eventi intracellulari legandosi a specifici recettori degli osteoblasti, che a loro volta si possono liberare in risposta a stimoli meccanici. Questo fa pensare ad un ruolo importante degli osteoblasti nel dare inizio all’infiammazione asettica che caratterizza le prime fasi del movimento ortodontico.
MATERIALI E METODI
Per questa revisione è stata presa in cosiderazione la letteratura riguardante gli effetti di un ampio spettro di movimento ortodontico. Sono stati inclusi nella ricerca revisioni sistematiche della letteratura, studi clinici e case report relativi agli ultimi 25 anni. Il motore di ricerca utilizzato è stato Pubmed e le parole chiave ricercate sono state: movimento ortodontico, farmaci, forze ortodontiche.
Dall’analisi condotta si è riscontrato che i farmaci che rallentano o inibiscono il movimento ortodontico sono: antiinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi, bifosfonati, ormoni sessuali, echistatina e RDG peptide, fluoro, calcitonina, farmaci per il trattamento di patologie croniche, antistaminici, immunomodulatori e immunosoppressori, antiepilettici. Le sostanze che accelerano il movimento ortodontico sono: vitamina D, fattori di crescita, ormone paratiroideo, osteocalcina, ormone tiroideo e altre tra cui elaxina, nicotina e alcool.
Riportiamo quindi un’analisi dettagliata relativa all’effetto di ciascun farmaco sul movimento ortodontico.
FARMACI CHE RALLENTANO O INIBISCONO IL MOVIMENTO ORTODONTICO
FANS
A vari livelli tutti i FANS hanno effetti analgesici, antiinfiammatori e antipiretici e tutti (tranne i COX-2 inibitori) sono antiaggreganti piastrinici. Tutti tranne uno (nabumetone) sono deboli acidi organici e la loro attività antinfiammatoria è mediata principalmente dall’inibizione delle ciclossigenasi e quindi dalla biosintesi delle prostaglandine (3).
Le prostaglandine sono protagoniste della fase iniziale infiammatoria del movimento ortodontico, per cui i FANS hanno azione inibitoria sul movimento stesso. Tali farmaci infatti aumenterebbero la metallo proteinasi (MMPs)-9 e -2 della matrice extracellulare e l’attività delle collagenasi, con riduzione della sintesi del pro-collageno, considerato essenziale per il rimodellamento dell’osso e del legamento parodontale. L’intero processo sarebbe il risultato dell’inibizione dell’attività delle COX, che porterebbe ad un’alterazione del rimodellamento vascolare e della matrice extracellulare, causando la riduzione del movimento ortodontico.
Poiché la prescrizione di questi farmaci come antidolorifici nelle fasi di attivazione delle forze ortodontiche e per trattare disturbi dell’articolazione temporomandibolare è frequente, la ricerca si è focalizzata sul loro effetto sul movimento ortodontico (4, 5); il dolore durante la terapia ortodontica comincia poche ore dopo l’applicazione di una forza ortodontica, raggiungendo il picco nelle 24 ore successive, e dura per circa 5 giorni o comunque in media 72 ore dopo ciascuna attivazione (6).
Per ciò che concerne la terapia del dolore in ortodonzia, gli analgesici più utilizzati sono comunque i FANS. Il 90% dei pazienti ortodontici riferiscono dolore durante il trattamento ed il 30% considera la possibilità di interromperlo prematuramente per questo motivo. Inoltre l’esperienza del dolore orale condiziona l’aspetto fisico, psicologico e sociale del paziente e quindi la sua qualità di vita. Ha effetti sull’igiene orale, sulla compliance al trattamento e sulla soddisfazione del paziente riguardo i risultati del trattamento stesso.
Il dolore viene attribuito al legamento parodontale che stimolato rilascerebbe alogeni come istamina, bradichinine, prostaglandine e serotonina e generalmente si verifica dopo procedure significative come l’espansione rapida del palato o dopo l’applicazione del primo arco.
In generale manca un protocollo standard di prescrizione farmaceutica e l’ortodonzista consiglia di assumere un analgesico in caso di dolore, senza precisare tipologia o dosaggio.
Nonostante sia stato dimostrato da più di una ricerca l’effetto ritardante dei FANS sul movimento ortodontico, secondo alcuni autori, gli effetti positivi sulla riduzione del dolore, superano di gran lunga le limitazioni del movimento ortodontico per almeno due ragioni:
- i FANS vengono utilizzati solo in alcuni momenti del trattamento;
- visto che i denti si muovono comunque durante la loro somministrazione, le prostaglandine probabilmente non sono l’unico mediatore del riassorbimento osseo (7).
Alla luce di queste osservazioni, per il dolore derivato dalle attivazioni ortodontiche è preferibile prescrivere il paracetamolo, con o senza codeina, a seconda della severità del dolore e delle tecniche ortodontiche usate, o ibuprofene a bassi dosaggi e, se il paziente sta assumento FANS per terapie croniche, è necessario aggiornarsi sulle recenti scoperte riguardo gli effetti di quello specifico farmaco sulla meccanica ortodontica, informare il paziente riguardo possibili ritardi sui tempi previsti per la terapia e adattare le meccaniche ortodontiche alle risposte tissutali osservate durante il monitoraggio del trattamento.
Salicilati
L’uso principale dell’acido acetilsalicilico in ortodonzia è di tipo analgesico; oggi esso è spesso sostituito con analgesici che hanno effetti collaterali minori a livello gastroenterico (non si può somministrare a bambini al di sotto dei 12 anni). La sperimentazione su animali riguardo i salicilati ha dato risultati discordanti sul loro effetto sul movimento ortodontico: alcuni autori affermano che non ci sarebbero conseguenze inibitorie se prescritto in concomitanza con l’applicazione di forze ortodontiche leggere; altri autori (8) affermano che con dosi pesanti e forze maggiori si osservano riduzioni importanti dei movimenti; altri ancora affermano che l’effetto del farmaco dipenderebbe da terapie a lungo termine che impedirebbero il riassorbimento osseo inibendo la sintesi di PG e la differenziazione degli osteoclasti dai loro precursori.
Diclofenac
Potente inibitore delle COX-1 e COX-2, la sua somministrazione (10 mg/kg a giorni alterni) in uno studio su ratti ha determinato il blocco completo del tipping ortodontico mesiale dei primi molari (8).
Ibuprofene
È considerato oggi il farmaco analgesico d’eccellenza in ortodonzia e per l’articolazione temporomandibolare, più efficace dell’aspirina, con o senza codeina, e del paracetamolo (7, 9), nonostante in varie sperimentazioni sia stato dimostrato che la percentuale di movimento ortodontico nei ratti diminuisca significativamente in seguito alla somministrazione di ibuprofene a vari dosaggi, per la soppressione della produzione di PGE2. Le dosi raccomandate sono 400 mg di ibuprofene o 550 mg di naprossene sodico 1 ora prima dell’attivazione ortodontica e due dosi post operatorie.
Acetaminofene (paracetamolo)
È un debole inibitore delle COX-1 e -2 ma il suo effetto antinfiammatorio è molto blando. Riduce il livello delle prostaglandine a livello urinario, ma non ha effetti sulla coagulazione del sangue o a livello gastrico. Ha però un’altissima tossicità epatica che lo rende molto pericoloso nei sovradosaggi. La dimostrata prevalenza dell’effetto analgesico e antipiretico (10) ed il minimo impatto sul metabolismo osseo di questi farmaci rispetto agli altri FANS lo renderebbero particolarmente indicato nell’analgesia durante il trattamento ortodontico (11).
COX-2 inibitori (COXIBs)
Questa classe di farmaci è stata sviluppata con l’obiettivo di ottenere effetti antinfiammatori senza gli effetti collaterali gastrolesivi dei tradizionali FANS. Manifestano nefrotossicità come gli altri FANS. I risultati riguardo il loro effetto sul movimento ortodontico sono contrastanti: alcuni ricercatori, sulla base di uno studio condotto sui ratti, hanno dedotto che non interferiscono sul movimento ortodontico e quindi consigliano l’utilizzo di questi farmaci come analgesici di seconda scelta durante il trattamento ortodontico, nei casi di eventuale intolleranza al paracetamolo (12). Altri autori hanno invece trovato che questi farmaci inibiscono il movimento ortodontico e a dosi più alte il relativo riassorbimento radicolare (probabilmente perché è necessaria una dose maggiore per bloccare gli odontoblasti rispetto agli osteoclasti) (10).
CORTICOSTEROIDI
Gli ormoni steroidi adrenocorticali naturali (glucocorticoidi, mineralcorticoidi ed androgeni ed estrogeni) sono molecole steroidee prodotte e rilasciate dalla corteccia surrenale. In ortodonzia l’attenzione è focalizzata sui glucocorticoidi che hanno effetti sul metabolismo osseo e sulla funzione immunitaria e che vengono più spesso prescritti come farmaci per varie patologie acute e croniche. Questi farmaci hanno effetti anche sul metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei grassi; sono importanti per la gluconeogenesi e per la sintesi del glicogeno a digiuno; riducono drasticamente le manifestazioni dell’infiammazione e questo è dovuto al loro significativo impatto sulla concentrazione, distribuzione e funzione dei leucociti periferici e alla soppressione delle citochine infiammatorie, delle chemochine e di altri mediatori dell’infiammazione. Le indicazioni sono le più disparate, si va da patologie infiammatorie acute e croniche, autoimmunitarie e non, ad allergopatie, a disordini ematologici, dermatologici e respiratori, fino ad arrivare alla prevenzione ed il trattamento del rigetto nei trapianti d’organo.
Per quanto riguarda il loro ruolo sul metabolismo osseo, sono molti gli studi su animali reperibili in letteratura per chiarire l’effetto dei glucocorticoidi sul movimento ortodontico, anche perche è sempre più frequente avere dei pazienti in terapia ortodontica che assumono questi farmaci cronicamente, per disordini allergici o immunitari (3); alcuni risultati mostrerebbero che dosi acute di corticosteroidi rellenterebbero il movimento ortodontico e il riassorbimento radicolare (per l’effetto antiinfiammatorio) (10); terapie a medio termine (per patologie allergiche ad esempio) aumenterebbero il riassorbimento radicolare, mentre terapie croniche accelererebbero il movimento ortodontico, ma con lo svantaggio di diminuire la stabilità dentaria e del trattamento ortodontico stesso, per gli effetti cataboloci sul metabolismo osseo e la difficoltà a formare nuovo osso (8, 13).
A differenza dei FANS (14) che agirebbero solo nella prima fase (quella infiammatoria) del movimento ortodontico, i glucocorticoidi sarebbero più incisivi durante tutto il processo di riassorbimento e neoapposizione ossei, e quindi più a lungo termine.
Un recente studio ha preso in considerazione l’impatto dello stress come fonte di glucocorticoidi endogeni sul movimento ortodontico, scoprendone un significativo rallentamento dello stress su animali (15).
Sarebbe quindi consigliabile, alla luce di tali considerazioni, evitare somministrazioni di glucocorticoidi durante il trattamento ortodontico o posporre l’inizio del trattamento laddove sia prevista una terapia steroidea per brevi periodi. In pazienti in terapia cronica con questi farmaci è necessario ridurre il più possibile le forze applicate, dilazionare al massimo gli appuntamenti (per dare il tempo alla formazione di nuovo osso, visto che la maturazione di collagene è ritardata) o eventualmente valutare la reale necessità ed opportunità di procedere al trattamento ortodontico stesso (9, 13, 14).
BIFOSFONATI
Si tratta di molecole capaci di ritardare la formazione e la dissoluzione dei cristalli di idrossiapatite, modulando il turnover scheletrico, e in particolare di inibire selettivamente il riassorbimento osseo osteoclastico (3).
Questi farmaci esplicano una serie di azioni sul metabolismo osseo, inibendo la sintesi di vitamina D, il trasporto intestinale di calcio, la glicolisi e la crescita cellulare a livello del tessuto osseo. Ma il loro più importante effetto consiste nell’inibizione del riassorbimento osseo. Sono farmaci indicati prevalentemente nell’osteoporosi, nel morbo di Paget, nell’ipercalcemia in corso di neoplasie maligne, nelle metastasi ossee e nell’osteogenesi imperfetta (3).
La riduzione di turnover osseo, se da un lato aumenta la densità minerale ossea, dall’altro rende lo scheletro più fragile, sia perché meno elastico (essendo più denso), sia perché è limitata la capacità di riparazione fisiologica, quindi l’osso può andare facilmente incontro a fratture per accumulo di microcrack. Inoltre si è dimostrato che i bifosfonati possiedono proprietà angiogeniche. L’accumulo di grosse concentrazioni di tale farmaco nel tessuto osseo inibisce la proliferazione endoteliale e la formazione di nuovi capillari, rendendo l’osso predisposto allo sviluppo di osteonecrosi avascolare. Questo evento si verifica più spesso a carico delle ossa mascellari, che presentano un maggiore accumulo di farmaci, visto l’elevato turnover dovuto alle continue forze masticatorie, ed in concomitanza di altri fattori, come somministrazione del farmaco ad alte dosi e per via endovenosa, assunzione concomitante di glucocorticoidi o antitumorali, presenza di neoplasie o di infezioni e disordini vascolari periferici (16, 17).
Un’attenta anamnesi del paziente spesso rivela l’assunzione di farmaci che possono interferire con il trattamento ortodontico. Nel caso dei bifosfonati questa interferenza si può verificare anche anni dopo la terapia, per cui sarà cura del professionista indagare a questo proposito, avvertire i pazienti su possibili complicazioni, ottenere un consenso informato, aumentare il monitoraggio, riportare eventuali problemi e in alcuni casi cambiare il piano di trattamento (16). L’effetto dei bifosfonati sul movimento dentario durante terapia ortodontica è stato studiato a vari livelli, con due scopi: una previsione del risultato e dei tempi in pazienti che li assumono o li hanno assunti in un passato recente e l’eventuale somministrazione topica di questi farmaci al fine di sfruttare i loro effetti inibitori sul movimento per ottenere un buon ancoraggio e una diminuzione del riassorbimento radicolare (18).
Studi sperimentali su ratti hanno mostrato una significativa riduzione del movimento ortodontico (19) (del 75% a due settimane e del 58% a 4 settimane) con somministrazione topica e sistemica di vari tipi di bifosfonati (clodronato, pamidronato e alendronato), a dosi variabili e con forze ortodontiche di diversa entità, (8, 19) ed è del 2005 il caso di una donna, in cura con zolendronato per via endovenosa per il controllo di metastasi da carcinoma mammario, in cui il movimento ortodontico si era completamente bloccato (20).
Una recente revisione della letteratura, che prende in considerazione studi effettuati prevalentemente su animali (ed un unico studio in vitro su cellule umane), mette in evidenza la possibilità di usare i bifosfonati con applicazione topica per aumentare l’ancoraggio e diminuire le recidive di trattamenti ortodontici, di chirurgia ortodontica e di ortodonzia chirurgicamente assistita. Un altro studio sui topi ha indagato l’effetto dell’alendronato sulle popolazioni dei precursori degli osteoblasti a livello del midollo osseo, non trovando però una significativa inibizione delle stesse.
Il movimento ortodontico, provocando un incremento del turnover dell’osso alveolare, potrebbe essere responsabile di una maggiore captazione e concentrazione del farmaco e intuitivamente, se la somministrazione continua per tutto il trattamento e il movimento ortodontico è lento, questo potrebbe accrescere le probabilità di osteonecrosi (16). Comunque non esiste attualmente nessuno studio che correli il trattamento ortodontico all’aumento di rischio di osteonecrosi.
ORMONI SESSUALI
Estrogeni
Gli estrogeni naturali prodotti dalla donna sono l’estradiolo, l’estrone e l’estriolo (8); gli estrogeni sintetici ricavati da quelli naturali che vengono alterati chimicamente per aumentarne l’efficacia nella somministrazione orale sono l’etinil-estradiolo, il mestrenolo e il quinestrolo. Inoltre esistono composti chimici non steroidei ma con attività estrogenica come dienestrolo, benzestrolo, metestrolo.
Questi ormoni intervengono nella maturazione sessuale e nella crescita femminile, sono inoltre coinvolti nella chiusura delle epifisi delle ossa lunghe durante la pubertà. Vengono somministrati per la terapia dell’ipogonadismo primario femminile come sostituti ormonali post menopausa, per la contraccezione orale, per disordini ormonali e la loro terapia è associata all’insorgenza di ipoplasia endometriale e carcinoma endometriale.
Il loro effetto anabolico sull’osso è stato ampiamente dimostrato in maniera diretta ed indiretta. Gli studi effettuati sul movimento ortodontico (21) hanno riscontrato che a livello dei mascellari gli estrogeni diminuiscono il riassorbimento osseo aumentando l’espressione di OPG nel legamento parodontale e nell’osso alveolare. Le ricerche effettuate su modelli animali (22) sono partite dal presupposto che gli estrogeni sono coinvolti nella regolazione del turnover osseo e che la loro oscillazione durante il ciclo si può riflettere sulla velocità del movimento dentario; si è ad esempio investigato sulle variazioni del movimento ortodontico durante il ciclo mestruale animale (estro, non estro) ed il risultato ha dimostrato che i livelli di estrogeno (massimi durante il periodo pro estro e minimi durante l’estro) erano inversamente proporzionali alla velocità del movimento ortodontico (23, 24).
Alcuni autori (22) sulla scia di queste scoperte propongono l’attivazione ortodontica nella fase del ciclo mestruale con più bassi livelli di estrogeni, cioè dopo l’ovulazione, per accelerare i tempi del trattamento. Le ripercussioni cliniche conseguenti sono due: da un lato, in pazienti con un deficit di estrogeni (post menopausa) la correzione ortodontica è più veloce, dall’altro ci sono molte più probabilità di recidive. In pazienti che assumevano terapia sostitutiva con estrogeni, inoltre, il movimento risultava rallentato.
Progestinici
Il progesterone è il più importante progestinico naturale ed è sintetizzato dalle ovaie, dai testicoli, dal surrene, dalla placenta durante la gravidanza. Tra i progestinici sintetici, usati come contraccettivi, abbiamo il desogestrel, il gestodene e il norgestimato.
Hanno un meccanismo d’azione simile a quello degli estrogeni ma è ancora poco chiaro il ruolo nel metabolismo osseo. Si pensa che stimolino la formazione di osso e riducano la secrezione renale di calcio; possono inoltre prevenire l’osteoporosi indotta da corticosteroidi (22).
Studi condotti sui ratti per indagare l’effetto del progesterone sul movimento ortodontico durante la gravidanza sostengono che c’è una maggiore formazione di osso e una maggiore percentuale di osteoblasti nei preparati a livello dei tessuti parodontali, e questo porterebbe alla conclusione che non sarebbe così dannoso sottoporre i pazienti in gravidanza al trattamento ortodontico (25, 26).
Uno studio su conigli, che analizza l’effetto della somministrazione diretta di progesterone sul movimento ortodontico, mostra invece che solo la somministrazione a lungo termine (9 settimane) di progesterone ritarderebbe significativamente il movimento ortodontico.
Androgeni
Il principale ormone androgeno prodotto dai testicoli è il testosterone che, insieme ad altri ormoni prodotti a livello surrenalico, controlla lo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari maschili oltre che stimolare e mantenere la funzione sessuale nel maschio. Ha meccanismi d’azione identici a quelli degli estrogeni e del progesterone.
Per quanto riguarda gli effetti sul movimento ortodontico, gli androgeni dovrebbero agire inibendo il riassorbimento osseo e modulando la crescita del sistema muscolare, rallentando quindi il trattamento ortodontico, ma nessuno studio ha chiarito e dimostrato questa ipotesi (18, 20).
ECHISTATINA E RGD PEPTIDE
È l’antagonista naturale dell’integrina a-3 o vitronectina, che sembra rivestire un ruolo di primaria importanza nel processo di angiogenesi e, poiché anche particolarmente espressa nelle cellule tumorali, funge da marker tumorale. Risulta essere un inibitore del riassorbimento osteoclastico in vivo e in vitro.
Direttamente coinvolte nella risposta cellulare allo stress meccanico, le integrine sono state impiegate in studi sperimentali su ratti per provare la loro inibizione del movimento ortodontico molare con lo scopo di aumentarne l’ancoraggio; ne è risultata l’inibizione della funzione osteoclastica e del movimento ortodontico (27).
FLUORO
Le sostanze contenenti fluoruri sono state utilizzate per prevenire le carie dello smalto e del cemento radicolare, poiché nei tessuti mineralizzati il fluoro sostituisce il gruppo idrossilico dell’idrossiapatite dando luogo alla fluorapatite, caratterizzata da una maggiore resistenza alla demineralizzazione. Uno degli effetti più importanti del fluoro è la stimolazione della formazione di nuovo osso, dovuta all’incremento di osteoblasti; inoltre il fluoruro di sodio diminuisce direttamente l’attività degli osteoclasti.
Due studi, entrambi condotti sui ratti, hanno indagato l’effetto del fluoro sul movimento ortodontico. Da tali studi è emerso che il movimento ortodontico e il riassorbimento radicolare venivano rallentati sia nei casi in cui il fluoro era stato assunto contemporaneamente all’applicazione delle forze ortodontiche, sia nei casi in cui il fluoro era stato assunto sin dalla nascita (28).
CALCITONINA
La calcitonina è un ormone peptidico secreto dalle cellule parafollicolari della tiroide che ha l’effetto principale di abbassare il calcio e il fosfato sierici agendo a livello renale, intestinale e a livello degli osteoclasti bloccando nel caso di questi ultimi la loro attività di riassorbimento osseo. Nel tempo, l’assunzione di calcitonina comporta una riduzione sia del riassorbimento sia della formazione di osso. Per questo si pensa che questo ormone possa ritardare il movimento ortodontico, ma non esistono studi che supportino questa ipotesi (3).
FARMACI PER IL TRATTAMENTO DI PATOLOGIE CRONICHE
Il 20-30% dei pazienti sottoposti a terapie ortodontiche sono adulti e molti di questi assumono regolarmente farmaci per diverse condizioni patologiche. Inoltre è possibile che anche i pazienti più giovani seguano terapie farmacologiche croniche. Tali farmaci hanno effetto sulle cellule dell’organismo comprese quelle dei tessuti parodontali, a carico delle quali potrà verificarsi un cambiamento della risposta agli stress meccanici, quali le forze ortodontiche. Tra i farmaci in questione è importante prendere in considerazione gli antistaminici, comunemente utilizzati per il trattamento di riniti allergiche e dermatiti atopiche (29, 30); l’istamina è coinvolta nel rimodellamento dell’osso, sembrerebbe attivare gli osteoclasti via recettori H1 presenti sugli osteoblasti. Studi in vitro hanno dimostrato un’attività di stimolazione nei confronti degli osteoblasti.
L’istamina (31) inoltre viene prodotta durante il movimento ortodontico dai tessuti parodontali, come mediatore dell’infiammazione. Studi sui ratti hanno dimostrato come un H1-antagonista riduca lo spostamento ortodontico determinando un arresto nella maturazione degli osteoclasti con riduzione del riassorbimento ed aumento della compatezza dell’osso.
Gli immunomodulatori e immunosoppressori sono farmaci che interferiscono con la risposta immunitaria. I primi agiscono sui meccanismi dell’infiammazione e su fattori essenziali per il rimodellamento osseo (TNF, MMPs e citochine), pertanto interferiscono con la fase iniziale del movimento ortodontico comportandone un rallentamento (9). I secondi determinano iperplasia gengivale e rendono difficile il lavoro dell’ortodontista.
Gli antiepilettici attualmente in commerco sono più di venti, con differenti meccanismi d’azione (per esempio acido valproico, fenitoina, gabapentina, carbamazepina); in particolare essi provocano iperplasia gengivale severa, sanguinamento gengivale e xerostomia, quindi ciò che dovrà essere richiesto al paziente sarà un’adeguata igiene orale (9).
Infine i farmaci che hanno tra i loro effetti quello di inibire la sintesi di prostaglandine, quali antidepressivi triciclici, antiaritmici, antimalarici, metilxantine così come doxicilcina, metilfenidato e farmaci antitumorali, dimostrano di ritardare il movimento ortodontico.
FARMACI CHE ACCELERANO IL MOVIMENTO ORTODONTICO
La ricerca scientifica si è concentrata sul possibile utilizzo di sostanze che accelerassero il movimento ortodontico, poiché uno dei disagi più comuni avvertiti dal paziente è proprio la previsione di tempi lunghi di terapia. Tra i farmaci utilizzati a questo scopo si annoverano prostaglandine e analoghi di prostacicline e trombossani infiltrati localmente durante l’applicazione di forze ortodontiche (sia in animali che in esseri umani). L’effetto collaterale principale è il dolore acuto a causa della liberazione dei mediatori dell’infiammazione; l’eventuale associazione con anestetici locali è stata fino ad oggi solo ipotizzata.
I corticosteroidi sono coinvolti nell’accelerazione del movimento ortodontico associata ad una scarsa formazione di osso e quindi una frequenza maggiore di recidive (9).
SOSTANZE CHE AGISCONO SUL METABOLISMO OSSEO
Il tessuto osseo rappresenta la riserva “dinamica” di calcio e fosfato con un continuo rimodellamento e un continuo scambio con i fludi extracellulari. Questi due minerali vengono regolati da tre sostanze: vitamina D, fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF 23) e ormone paratiroideo (PTH). Le loro interazioni contribuiscono a regolare il turnover osseo, in modo da tenere costanti i livelli ematici dei due minerali (3).
Vitamina D
La vitamina D attiva (calcitriolo) è stata ampiamente studiata su modelli animali (ratti) nel contesto degli effetti sul movimento ortodontico. La somministrazione della stessa ha mostrato un aumento della velocità del movimento ortodontico di tipo dose-dipendente (3).
Inoltre si è visto che il calcitriolo non solo attiva gli osteoclasti, ma anche la proliferazione e la differenziazione degli osteoblasti e la produzione di collagene di tipo I, fosfatasi alcalina e osteocalcina, stimolando la formazione di nuovo osso con incremento della massa trabecolare e corticale. Questo conferirebbe maggiore stabilità al risultato migliorando il supporto osseo parodontale.
Fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF 23)
È una proteina prodotta da osteociti e osteoblasti. Riduce il livello di calcitriolo circolante e riduce il riassorbimento del fosfato a livello renale portando alla diminuzione del fosfato circolante. La sua produzione è stimolata dalla vitamina D (3).
Ormone paratiroideo (PTH)
È un peptide secreto dalle ghiandole paratiroidee, regola il flusso del calcio e del fosfato con il risultato di aumentare il calcio e diminuire il fosfato sierici. Nell’osso il PTH aumenta l’attività e il numero degli osteoclasti agendo sull’espressione di RANKL. A lungo andare il risultato finale è la diminuzione della densità ossea per estesi fenomeni di riassorbimento. Studi in vivo e in vitro hanno invece dimostrato che la somministrazione a dosi basse e intermittenti porta alla formazione di nuovo osso, più denso e più forte, senza riassorbimento.
Come stimolatore di osteoclasti, il PTH accelera il movimento ortodontico, come dimostrato da diversi studi sui ratti in infusione continua o infiltrazione locale; invece la somministrazione intermittente non ha determinato nessuna variazione a livello di movimento ortodontico. Si è visto però (32) che erano accelerati e migliorati i fenomeni riparativi nella fase tardiva del movimento ortodontico, per un incremento del rapporto OPG/RANKL nelle cellule progenitrici degli osteoblasti e dei cementoblasti nel PDL. Inoltre si è visto che in pazienti con deficit a livello recettoriale dell’ormone paratiroideo, risultavano ostacolate l’eruzione dentaria e tutte le terapie ortodontiche volte a indurla. Per l’utilizzo clinico bisognerebbe privilegiarne l’infiltrazione locale, per evitare gli effetti collaterali sistemici e per mantenere l’ancoraggio di gruppi dentari che non si è interessati a spostare (33).
OSTEOCALCINA
L’osteocalcina è una proteina della matrice non collagena dei tessuti calcificati o in corso di mineralizzazione (34). È prodotta dagli osteoblasti e interviene sia nei fenomeni di riassorbimento che di apposizione, privilengiando i primi poiché è ritenuta un potente chemiotattico nei confronti degli osteoclasti, maturi ed immaturi. Diversi studi istologici dei tessuti parodontali sottoposti a forze ortodontiche hanno mostrato una quantità aumentata di osteocalcina, soprattutto negli stadi iniziali. Iniezioni locali di osteocalcina in ratti hanno permesso di verificare un aumento della velocità del movimento ortodontico indipendentemente dal tipo di forza applicata (34, 35).
ORMONE TIROIDEO
La tiroide secerne due ormoni, la tiroxina e la calcitonina; la prima (T4), convertita nel suo metabolita efficace T3, influenza l’attività e il metabolismo di tutte le cellule attivando recettori nucleari ed inducendo diversi tipi di sintesi proteiche. Agisce su quasi tutti gli organi (3). Gli effetti della tiroxina sul tessuto osseo sarebbero diretti sugli osteoclasti e mediati da un incremento di IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile) che stimolerebbe la proliferazione degli osteoclasti; un ipotiroidismo determina nei bambini ritardo della crescita con nanismo e ritardo mentale, in soggetti adulti si rallentano tutte le funzioni corporee e il metabolismo (18, 20). Studi condotti sui ratti hanno dimostrato come la somministrazione per via orale e per via intraperitoneale di tiroxina a vari dosaggi determini un incremento del movimento ortodontico dose-dipendente (8, 36). Bassi dosaggi e a breve termine hanno mostrato un effetto protettivo sul riassorbimento radicolare indotto dall’applicazione di forze ortodontiche, forse sempre come conseguenza del cambiamento nei processi di rimodellamento osseo (18, 36).
ALTRE SOSTANZE ACCELERANTI
Relaxina
È un peptide strutturalmente simile all’insulina ritrovato nelle ovaie, nell’utero, nella placenta e nel sangue e prodotta dalle cellule della granulosa del corpo luteo (3). Secondo studi condotti sui cani e sui ratti, la relaxina avrebbe la proprietà di ridurre la forza e la rigidità del legamento parodontale stimolando le metalloproteinasi di matrice e l’actina della muscolatura liscia e modulando la produzione di collagene di tipo I. Questo determinerebbe una specie di fibrotomia naturale del PDL aumentando la velocità del movimento ortodontico e prevenendo le recidive (37). Inoltre la relaxina incrementerebbe la differenziazione degli osteoblasti e degli osteoclasti velocizzando il turnover osseo (38, 39). Altri ricercatori invece sostengono che essa aumenterebbe solo la motilità dentaria nelle prime fasi del trattamento e che potrebbe comunque prevenire le recidive.
Nicotina
È il più importante componente psicoattivo del fumo di sigaretta, si lega ai recettori nicotinici cerebrali provocando la liberazione di dopamina e causando neuro-adattamento che può sfociare in una sindrome da dipendenza (3). Il suo effetto sul movimento ortodontico è stato valutato nei ratti con somministrazione endovenosa e a diversi dosaggi. La nicotina è in grado di influenzare il riassorbimento e la neoapposizione ossei. Inoltre nei ratti i tessuti parodontali risultano profondamente danneggiati da questa sostanza (40). È importante ricordare che l’ortodontista dovrebbe incoraggiare i pazienti a smettere di fumare anche utilizzando altri presidi in commercio (cerotti, gomme da masticare contenenti nicotina) che non dovrebbero interferire con il movimento ortodontico, poiché i dosaggi non sono significativi (40).
Fattori di crescita
Molti fattori di crescita sono coinvolti fisiologicamente nel movimento dentario sotto stimolazione ortodontica, come il fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) implicato nel metabolismo osseo, i fattori di crescita insulino-simili, i TGF-a, il VEGF, il EGF. Quest’ultimo, fattore di crescita dell’epidermide, è stato ritrovato nel fluido crevicolare durante l’eruzione dentaria e avrebbe probabilmente la capacità di reclutare osteoclasti. Uno studio sui ratti ha dimostrato che avrebbe la capacità di avere un netto incremento della velocità del movimento ortodontico (41). Anche l’ormone della crescita GH ha un effetto positivo sulla neoapposizione ossea e sul movimento ortodontico.
nfine, si è valutato che nei pazienti diabetici il movimento ortodontico sarebbe più veloce che nella popolazione sana, probabilmente per un aumento dei fattori di crescita implicati nell’osteoclastogenesi, nel rimodellamento osseo e nella soppressione degli osteoblasti (42).
Alcol
Il consumo cronico di grosse quantità di alcol porta ad un effetto devastante su quasi tutti i tessuti corporei, incluso il sistema muscolo-scheletrico (3). L’alcolismo conduce a cirrosi epatica, neuropatie, osteoporosi e fratture spontanee e quindi ad un aumento del riassorbimento osseo e ad una demineralizzazione ossea: questo comporta un’accelerazione del movimento ortodontico ma anche del riassorbimento radicolare.
RISULTATI E CONCLUSIONI
Milioni di persone nel mondo ogni anno si sottopongono al trattamento ortodontico. Di queste circa il 20-25% sono adulti. L’utilizzo sempre più comune dei farmaci rende necessaria la valutazione da parte dell’ortodontista del quadro generale di assunzione del farmaco, quindi delle implicazioni eventuali che tali assunzioni potrebbero avere sul movimento ortodontico. Bisogna inoltre considerare la tendenza della ricerca scientifica di provare a risolvere problematiche meccaniche, quali l’ancoraggio, il riassorbimento, le lunghe tempistiche delle terapie, le recidive, con tecniche farmacologiche.
L’analisi dei dati reperiti in questa revisione della letteratura ha riportato che i farmaci più comunemente prescritti ( antidepressivi, antiulcera, riduttori del colesterolo e antibiotici ad ampio spettro) non sembrano implicati nella variazione del movimento ortodontico ad esclusione di antidepressivi triciclici, antistaminici anti H1 e doxiciclina.
Sono invece capaci di influenzare il movimento ortodontico tutti quei farmaci coinvolti nei processi infiammatori (va ricordato che l’infiammazione è l’aspetto fondamentale della prima fase del movimento ortodontico) e nel metabolismo osseo.
Potremmo riassumere dicendo che:
tutte le molecole che contrastano l’infiammazione o ritardano i processi di riassorbimento osseo dilazionano o bloccano il movimento ortodontico;
tutte le sostanze pro infiammatorie e pro turnover osseo velocizzano il movimento ortodontico con effetti collaterali a carico del riassorbimento delle radici e in merito alle recidive.
Spesso è lo stesso ortodontista a prescrivere farmaci antinfiammatori per fronteggiare il disagio del dolore ortodontico. È quindi necessaria da parte del clinico sia l’esatta conoscenza di tutte le sostanze assunte dal paziente tramite un’accurata anamnesi, sia la scelta di un farmaco per scopi analgesici che, secondo lo stato dell’arte e le ricerche più recenti, sembri non avere grosse conseguenze sul trattamento stesso.
Successivamente è importante informare il paziente del fatto che eventuali terapie farmacologiche in corso possono interferire con il trattamento allungandone i tempi e modificandone i risultati. Infine si dovrebbe scegliere il trattamento più adeguato alla situazione ed il compromesso più benefico per il paziente e per le sue esigenze.
Studi su animali vengono oggi messi in atto al fine di valutare l’utilizzo di alcuni farmaci per scopi attinenti la meccanica del trattamento, con il fine ultimo da un lato di comprendere sempre più a fondo la biologia molecolare del movimento ortodontico, dall’altro di valutare gli effetti collaterali e il rapporto rischio-beneficio, privilegiando l’eventuale somministrazione locale.