Concetti fondamentali sulla medicina odontoiatrica del sonno e sul ruolo del dentista nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi del sonno

Fig. 1 Il comportamento delle piante rispetto al ritmo circadiano della luce evidenzia la presenza di un “orologio biologico”.

INTRODUZIONE

La medicina del sonno è una scienza relativamente recente. La prima classificazione ufficiale dei disturbi del sonno (la ICSD-1) risale infatti al 1990.

Il sonno non è solo uno stato di assenza di veglia, ma è uno stato fisiologico specifico, fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo. È caratterizzato dall’alternarsi di due fasi, sonno non REM (NREM) e sonno REM e le sue multiple funzioni includono il mantenimento del metabolismo fisiologico e delle funzioni fisiologiche del sistema nervoso e cardiovascolare. Il sonno è il principale ritmo circadiano. Nel 2017 per la prima volta è stato assegnato il Nobel per la Medicina a studiosi che si sono occupati di questo argomento.

Attualmente sta assumendo un’importanza sempre maggiore la medicina odontoiatrica del sonno. Difatti la medicina basata sulle evidenze ha dimostrato che l’odontoiatra può avere un ruolo importante della diagnosi e nel trattamento di alcuni disturbi del sonno (1), quali il russamento, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) (2) e il bruxismo del sonno, e come questi disturbi, soprattutto l’ultimo, possano  influire sulle terapie effettuate dall’odontoiatra stesso.

FISIOLOGIA DEL SONNO

Il sonno come ritmo circadiano

Le funzioni biologiche che sono influenzate dalla luce, quindi dall’alternarsi del giorno e della notte, hanno un ritmo definito circadiano. Nel ‘700 uno studioso francese, Jean Jaques d’Ourtose de Marain, studiò il comportamento della piante in relazione alla luce solare. Egli notò che le piante aprono e chiudono le loro foglie con il passaggio dal giorno alla notte. Ma le piante stesse, se isolate in un contenitore che ne impediva la esposizione alla luce, mantenevano lo stesso comportamento (fig.1). Era la dimostrazione che le piante devono possedere un “orologio interno” che regola il ritmo circadiano.

Nel 1958 un ricercatore statunitense, Aaron Lerner, isolò nell’uomo la melatonina, l’ormone che regola il ritmo sonno veglia. La melatonina è prodotta soprattutto dalla ghiandola pineale, detta anche epifisi. La luce modula la produzione di melatonina tramite un tratto nervoso che parte dalla retina e raggiunge il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, detto fascio retino-ipotalamico. La presenza della luce inibisce la produzione di questo ormone che è stimolata invece dal buio, fino ad arrivare al picco di produzione che induce il sonno.

Il sistema formato dalla retina, dal nucleo soprachiasmatico e dalla ghiandola pineale viene definito “sistema fotoneuroendocrino”. Ogni individuo ha un suo ritmo circadiano e la medicina del sonno riconosce tre categorie di cronotipi (3):

  • cronotipo normale: il soggetto che dorme in media dalle ore 22  alle ore 7
  • cronotipo allodola: il soggetto  che dorme in media dalle ore 20 alle ore 5
  • cronotipo gufo: il soggetto  che dorme in media dalle ore 2 alle ore 11.

Più una persona discosta il suo ritmo circadiano naturale, determinato geneticamente,  da quello effettivo, determinato dalla influenza dei fattori esterni ed interni sull’organismo, più ha rischio di sviluppare patologie. Ci sono  per esempio studi che dimostrano come ci sia un aumento della incidenza di  tumori al seno e alla prostata, e di malattie cardiovascolari (4,5,6,).

L’importanza della ghiandola pineale era già stata intuita dal grande filosofo Cartesio il quale la aveva indicata come la sede della “anima”, il luogo dove, secondo le sue teorie, si incontrano la “res extensa” e la “res cogitans”.

L’attività del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo è modulata non solo dalla luce ma da tanti altri fattori: ambientali, psicologici, culturali e comportamentali e da sostanze prodotte dall’organismo (fig. 2). Fra i fattori esterni, oltre alla luce, sono importanti per esempio la temperatura e i rumori degli ambienti.

Fig. 2 L’orologio biologico dell’uomo è determinato geneticamente ma è modulato da vari fattori.

I fattori psicologici sono tutti quei fattori emotivi e cognitivi che causano difficoltà ad iniziare il sonno come per esempio: pensieri ricorrenti e ruminanti, aspettative irrealistiche riguardo al sonno, paura di non addormentarsi. Fra i fattori comportamentali ci sono per esempio: l’assunzione di nicotina, alcool e caffè o l’abitudine di stare davanti agli schermi di computers, telefonini e tablets di andare a dormire.

Le sostanze prodotte dall’organismo che modulano il ritmo sonno veglia sono tantissime. Fra queste sono particolarmente importanti:

  • la melatonina
  • l’acido gamma amino butirrico (GABA).

La melatonina induce il sonno. La sua produzione è inibita dalla presenza della luce che colpisce la retina. La luce è formata dalle onde elettromagnetiche dello spettro visibile. Le onde dello spettro visibile che inibiscono maggiormente la produzione di melatonina sono quelle di lunghezza d’onda relativa ai colori azzurro e verde, che corrispondono anche a quelle emesse maggiormente dagli schermi di computers, telefonini e tablets. Si stima che guardando per due ore uno di questi schermi si inibisca la produzione di melatonina del 22% e di conseguenza si possano avere disturbi del sonno. I livelli plasmatici di melatonina dimostrano che il cosiddetto picco, cioè la massima concentrazione nel sangue, cambia da persona a persona ed avviene nelle prime ore della notte.

L’acido gamma amino butirrico (GABA) è il principale neurotrasmettitore inibitorio nel sistema nervoso dell’uomo. Viene rilasciato da neuroni detti gabaergici che normalmente sono interneuroni inibitori, cioè inibiscono l’attività dei neuroni eccitatori. Per tale motivo le sostanze che attivano i recettori GABA sia endogene, le endozepine, che esogene, soprattutto le benzodiazepine, farmaci molto utilizzati nella pratica medica, hanno un effetto miorilassante, ansiolitico e ipnotico.

È utile approfondire un concetto sull’attività farmacologica delle benzodiazepine. Questi farmaci vengono spesso prescritti in odontoiatria non tanto per la loro attività inducente il sonno, quanto per la loro attività sedativa, quando è necessario controllare l’ansia nei pazienti odontofobici o non collaboranti, e per la loro attività miorilassante e ansiolitica, nei pazienti affetti da bruxismo e da disordine temporo-mandibolare.

La sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) ed il bruxismo del sonno sono due disturbi del sonno comorbidi fra di loro. Se viene prescritta una benzodiazepina ad un paziente bruxista e il paziente stesso è anche affetto da OSAS, può peggiorare il quadro clinico di quest’ultimo disturbo a causa proprio dell’effetto miorilassante del farmaco stesso.

Oltre alla melatonina ed al GABA altre sostanze prodotte dall’organismo modulano l’orologio biologico. Fra queste: l’istamina, la serotonina, la dopamina, l’acetilcolina, la noradrenalina e le oressine. Queste ultime molecole sono state studiate recentemente perché la ricerca scientifica ha evidenziato che la narcolessia, un disturbo del sonno importante, è dovuta proprio alla presenza di anticorpi che distruggono i neuroni oressinergici.

Biologicamente nell’uomo si riconoscono due porte del sonno, cioè due momenti della giornata in cui si ha fisiologicamente lo stimolo di addormentarsi. Una porta principale che è circa a mezzanotte, che è quella che stimola ad andare a letto per il sonno notturno, ed una porta secondaria nel primo pomeriggio, che è quella che stimola il sonnellino pomeridiano (fig. 3).

Fig. 3 Fisiologicamente esistono due porte del sonno nell’uomo. Una principale nella notte ed una secondaria nel primo pomeriggio.

LA STRUTTURA DEL SONNO

Il sonno è costituito da due fasi, sonno non REM (NREM) e sonno REM, che hanno caratteristiche fisiologiche diverse fra di loro e a loro volta diverse da quelle della veglia.

Il sonno NREM a sua volta è suddiviso in quattro stadi: N1, N2, N3, N4. Gli stadi N3 e N4 recentemente sono stati unificati in un unico stadio definito sonno ad onde lente o sonno profondo. La somma di una fase NREM e una fase REM è definita ciclo del sonno. Un ciclo dura circa novanta minuti. In una normale notte di sonno avvengono da quattro a sei cicli. Nella parte iniziale del sonno prevale il sonno NREM. I primi cicli del sonno hanno più sonno profondo, gli ultimi cicli hanno più sonno REM.

La rappresentazione grafica della struttura del sonno è definita ipnogramma. La figura 4 mostra un ipnogramma fisiologico. Passiamo dormendo circa un terzo del nostro tempo. Per cui si può dire che la vita è un alternarsi di tre stati di coscienza diversi: veglia, sonno NREM e sonno REM.

Fig. 4 Ipnogramma di un sonno con struttura fisiologica.

Per fare la stadiazione del sonno, cioè per distinguere in quale fase del sonno si trova un paziente, occorre eseguire un eletroencefalogramma (EEG) del paziente stesso. È proprio l’attività dei neuroni del sistema nervoso centrale misurata tramite questo esame che ci permette di sapere se il soggetto è sveglio o dorme e se dorme in quale fase del sonno si trova.

Secondo le linee guida della AASM (American Academy of Sleep Medicine Scoring Manual) (7):

  • nello stato di veglia è predominante il ritmo alfa posteriore caratterizzato da onde di 8-13 Hz;
  • nello stato N1 del sonno NREM è predominante il ritmo 4-7 Hz;
  • nello stato N2 del sonno NREM sono presenti oltre al ritmo 4-7 Hz i complessi K e gli sleep spindle, che sono dei particolari complessi elettroencefalografici;
  • negli stati N3 e N4 del sonno NREM, unificati ora e definiti sonno profondo o sonno ad onde lente, è predominante il ritmo 0,2-2 HZ;
  • nel sonno REM prevalgono onde di bassa ampiezza e frequenza mista, circa 2-6 Hz, associate a bassa attività muscolare rilevata tramite il muscolo del mento, e movimenti rapidi degli occhi. Questi ultimi movimenti caratterizzano il sonno REM.

Difatti l’acronimo anglosassone REM significa rapid eye movement, in italiano movimenti rapidi degli occhi. Durante il sonno ad onde lente avviene la riorganizzazione delle sinapsi. Il cervello viene pulito da tutte le modifiche avvenute durante la giornata a causa delle numerosissime afferenze. Avviene quella che i neurofisiologi definiscono “potatura delle sinapsi”. Questa attività è fondamentale per la salute del sistema nervoso centrale. La carenza di sonno profondo potrebbe essere correlata con la depressione e alcune malattie neurodegenerative.

I disturbi del sonno di interesse per l’odontoiatra, che sono il russamento, le apnee ostruttive del sonno ed il bruxismo del sonno, alterando la struttura del sonno stesso, possono ridurre la presenza di sonno profondo.

Il sonno REM è stato definito dai primi studiosi che lo hanno identificato sonno paradosso, perché è presente un’attività cerebrale simile a quella della veglia, ciò probabilmente perché è la fase del sonno in cui si sogna maggiormente. La caratteristica del sonno REM però è che, come è stato detto, a differenza della veglia, presenta un’atonia muscolare e sono presenti dei movimenti rapidi degli occhi. Questi movimenti, secondo i fisiologi, sarebbero dovuti al fatto che si segue con gli occhi la scena del sogno che si sta facendo in quel momento.

Fig. 5 Il sonno NREM e REM hanno caratteristiche fisiologiche diverse.

La figura 5 evidenzia le differenze nei parameri fisiologici fra sonno NREM e sonno REM. Come si può vedere in quest’ ultimo, oltre alla atonia muscolare, è presente anche un alto consumo di ossigeno da parte del sistema nervoso centrale.

L’atonia muscolare è il motivo per cui il russamento e le apnee ostruttive avvengono soprattutto in questa fase del sonno. D’altro canto, l’elevato bisogno di ossigeno fa sì che le apnee stesse, poiché causano ipossia, cioè riduzione della concentrazione di ossigeno nel sangue, oltre che ipercapnia, cioè aumento della concentrazione di anidride carbonica nel sangue, hanno come conseguenza un danno cerebrale, con alterazione delle funzioni cognitive ed esecutive ed aumento del rischio di alcune malattie neurodegenerative.

Gli arousal del sonno sono dei micro risvegli, rilevabili dal punto di vista elettroencefalografico e corrispondono  a stati di “allarme” che eccitano la corteccia.

CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI DEL SONNO

La più recente classificazione dei disturbi del sonno è la ICSD-3 del 2014 (8). Essa riconosce sette gruppi di disturbi:

  • insonnia;
  • disturbi centrali da ipersonnolenza;
  • disturbi del ritmo circadiano sonno veglia;
  • parasonnie;
  • disturbi del movimento correlati al sonno;
  • disturbi del respiro correlati al sonno;
  • altri disturbi del sonno.

Per quanto riguarda i disturbi del sonno di interesse odontoiatrico vanno tenuti in considerazione il russamento e le apnee ostruttive del sonno, che sono disturbi del respiro, ed il bruxismo del sonno, che è un disturbo del movimento.

Il russamento è definito dalla AASM come “un rumore respiratorio causato dalle vie aeree superiori durante il sonno che tipicamente avviene durante l’inspirazione ma può avvenire anche durante l’espirazione. L’intensità del rumore può variare e può disturbare il partner di letto ed anche svegliare il paziente. Il russamento semplice avviene senza episodi di apnea o ipopnea”.

La sindrome delle apnee ostruttive del sonno è caratterizzata da episodi ripetuti di ostruzione completa (apnea) o parziale (ipopnea) delle vie aeree superiori durante il sonno (Fig. 6a, 6b). Questi episodi causano una riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue e in genere terminano con brevi arousal del sonno. Si definiscono apnea e ipopnea episodi che hanno una durata minima di 10 secondi.

Fig. 6a Vie aeree aperte durante il sonno con respiro fisiologico.
6b Vie aeree ostruite durante il sonno con disturbo respiratorio.

Il bruxismo del sonno è definito come una attività ripetitiva dei muscoli masticatori che avviene durante il sonno caratterizzata da digrignamento o serramento dei denti usualmente associata ad arousal.

DIAGNOSI DEI DISTURBI DEL SONNO

Lo strumento diagnostico principalmente usato per la valutazione del sonno è la polisonnografia (9). La polisonnografia  misura i principali parametri fisiologici:

  • onde cerebrali (EEG);
  • movimenti oculari (EOG);
  • movimenti delle gambe e della mandibola (EMG);
  • attività cardiaca (ECG);
  • flusso di aria dalle prime vie aeree (termistore, cannula);
  • movimenti torace/addome (fascia);
  • saturazione di ossigeno (pulsossimetro).
Fig. 7 Apparecchio per la valutazione notturna delle OSAS. Si riconoscono il device, la fascia toracica per il rilevamento dei movimenti toracici, la cannula per il rilevamento del flusso di aria e il pulsossimetro per la rilevazione della saturazione di ossigeno.

Queste misurazioni associate alla registrazione audio e video costituiscono la polisonnografia completa. Per la valutazione dei disturbi respiratori del sonno, fra cui il russamento e le apnee ostruttive del sonno sono sufficienti un numero minore di parametri che costituiscono il cosiddetto monitoraggio cardio-respiratorio notturno (Fig. 7) (10). Tali parametri sono:

  • flusso di aria dalle prime vie aeree;
  • saturazione di ossigeno;
  • pletismografia;
  • movimenti toraco/addominali;
  • posizione del corpo;
  • russamento.

Questi parametri sono sufficienti perché il flusso di aria, la saturazione di ossigeno e la pletismografia servono per identificare la presenza di eventi di apnea o ipopnea. I movimenti toraco-addominali servono per discriminare se gli eventi sono di origine centrale o ostruttiva. Negli episodi di origine centrale non si hanno movimenti toraco-addominali che invece sono presenti negli episodi ostruttivi. La posizione del corpo serve per valutare se gli eventi sono posizionali, cioè avvengono prevalentemente in posizione supina. Il rumore respiratorio serve per definire la presenza di russamento, associato o meno ad eventi di apnea e ipopnea.

Tramite questo esame si può definire l’indice di apnea e ipopnea, in inglese apnea hypopnea index, il cui acronimo AHI è utilizzato usualmente in clinica ed in letteratura scientifica per classificare le apnee ostruttive del sonno. Viene calcolato sommando il numero di apnee con il numero di ipopnee che avvengono durante il sonno diviso le ore di sonno. Quindi misura il numero di eventi per ora di sonno.

Fig. 8 Classificazione delle OSAS.

La figura 8 riassume i criteri di classificazione delle apnee ostruttive del sonno. I limiti di questa valutazione strumentale sono che non essendoci la registrazione elettroencefalografica non si può sapere con sicurezza se il paziente è sveglio o dorme, bisogna affidarsi al diario compilato dal paziente stesso, che però non sempre è attendibile. Per tale motivo si rischia di sottostimare l’indice di eventi per ora. Nonostante questi limiti la registrazione tramite monitoraggio cardio-respiratorio è considerata ancora valida per la diagnosi e la classificazione della apnee ostruttive del sonno.

LE CARATTERISTICHE  DELL’INSONNIA

Vale la pena dedicare un piccolo approfondimento all’insonnia perché, oltre ad essere il disturbo del sonno più diffuso e più noto, comprende nella sua nosologia anche altri disturbi, fra cui quelli di interesse odontoiatrico. La più recente classificazione dei disturbi del sonno, la ICSD-3, riconosce solo tre categorie di insonnia:

  • insonnia cronica;
  • insonnia a breve termine;
  • altre forme di insonnia.

Rispetto alla classificazione precedente è cambiato l’approccio al modo di valutare questo disturbo che è considerato una comorbidità di altri disturbi. Il numero di pazienti affetti da insonnia primaria pura, cioè senza la presenza di altri disturbi medici o psicologici, probabilmente è molto bassa. Facendo una anamnesi accurata è quasi sempre possibile trovare la presenza dei disturbi associati. L’insonnia cronica è quella che si è manifestata per almeno tre volte alla settimana negli ultimi tre mesi.

L’insonnia a breve termine è quella che non corrisponde a queste caratteristiche temporali. Le altre forme di insonnia sono quelle nelle quali i pazienti presentano alcuni sintomi associati all’insonnia ma non sono presenti i criteri diagnostici specifici. La ICSD-3 riconosce nove categorie di disturbi che si verificano durante il giorno collegati con l’insonnia:

  • fatica e malessere per mancanza di energie;
  • riduzione di attenzione, concentrazione e memoria;
  • problemi scolastici, lavorativi o nelle relazioni sociali;
  • problemi di umore e irritabilità;
  • sonnolenza diurna;
  • problemi comportamentali: irritabilità, aggressività;
  • perdita delle motivazioni;
  • errori frequenti sul lavoro o nella guida di automezzi;
  • preoccupazione per la perdita del sonno.

Ci sono numerosi studi che evidenziano come la presenza soprattutto del russamento e delle apnee ostruttive del sonno, ma anche del bruxismo del sonno, sia causa di insonnia e quindi possa avere come conseguenza la presenza dei sintomi sopra descritti.

Fig. 9 Linee guida per un corretta igiene comportamentale del sonno.

CONCLUSIONI

L’odontoiatra ha un ruolo importante della diagnosi e nel trattamento dei disturbi del sonno. La medicina odontoiatrica del sonno è una scienza abbastanza recente ma che sta avendo in questi ultimi anni uno sviluppo importante dal punto di vista della attività clinica e scientifica. Il dentista può affiancare il medico nella gestione di questi pazienti svolgendo in questo modo un’attività a rivolta alla prevenzione e al miglioramento della salute e della qualità della vita dei pazienti stessi.

Questo comporta la necessità di una formazione specifica sulla materia e della creazione di una collaborazione con i Centri di medicina del sonno e con tutte quelle altre figure professionali mediche, come per esempio, l’otorinolaringoiatra, il nutrizionista o il chirurgo maxillo-facciale, che ruotano intorno alla medicina del sonno.

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