Diabete e parodontite: la gestione in “team” del paziente per ottenere il successo delle terapie

Diabete e parodontite: la gestione in “team” del paziente per ottenere il successo delle terapie

La parodontite è tra le patologie croniche non trasmissibili (non communicable chronic disease) più comuni e costituisce un problema di salute pubblica importante. Una delle correlazioni maggiormente validate riguarda proprio la parodontite e il diabete (1). I meccanismi che collegano la salute orale alla salute di tutto l’organismo sono molteplici ma essenzialmente di due categorie; da un lato i batteri parodontopatogeni che possono migrare verso distretti anche lontani dal cavo orale tramite il flusso ematico ed esprimere a distanza i loro fattori di virulenza e alterare sia metabolismo che salute cardiovascolare, dall’altro lato l’alterata risposta immunitaria, di natura infiammatoria, che caratterizza la parodontite sottopone il corpo a un continuo stress, mediato dalla diversificata e individuale produzione di citochine (2).

Figura 1

I soggetti affetti da parodontite sembrano mostrare un peggior controllo glicemico, così come i soggetti con diabete non controllato manifestano un peggioramento della clinica parodontale, tanto che la parodontite è stata definita la sesta complicanza del diabete di tipo 2 (3-4). Nel diabete di tipo 2 (DMT2) l’eziologia è prevalentemente legata agli stili di vita (alimentazione, scarsa attività fisica e fumo), sebbene anche fattori genetici giochino un ruolo peggiorativo. Infatti, si assiste a una ridotta produzione dell’insulina associata a insulino-resistenza: il glucosio non riesce a essere stoccato e utilizzato dai vari organi a causa della riduzione dei recettori per l’insulina e rimane elevato nel flusso sanguigno con conseguente iperglicemia. Le complicanze del DMT2 sono legate al danno micro e macrovascolare e dallo stress ossidativo causati dall’iperglicemia: tali situazioni coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio (angina, infarto, vasculopatia periferica), l’occhio (retinopatia), il rene (insufficienza renale) e il sistema nervoso oltre, appunto, ai tessuti parodontali. Oltre alle terapie farmacologiche il controllo dello stile di vita, soprattutto per quanto concerne l’alimentazione e l’attività fisica, rappresentano il pilastro nel controllo della patologia (5). I soggetti che sviluppano parodontite mostrano un profilo iperinfiammatorio che può essere innato geneticamente e/o acquisito, correlato anch’esso agli stili di vita e ai comportamenti (fumo e stress) e ad alcune patologie (alterazioni metaboliche, patologie autoimmuni) (6, 7, 8).

Figura 2

Sia la parodontite che il diabete nelle loro fasi iniziali sono patologie pressoché asintomatiche e i loro primi segnali, come il sanguinamento gengivale nella prima e l’innalzamento asintomatico della glicemia nella seconda, sono quasi sempre sottovalutati o non conosciuti dal paziente: pertanto, è importante intercettare queste malattie sin dalle loro prime manifestazioni, onde evitare una grave ed estesa distruzione del supporto parodontale e incorrere in uno sviluppo conclamato dei disturbi più gravi (9). In letteratura è possibile trovare ampio consenso circa il fatto che i soggetti affetti da parodontite mostrino un peggior controllo glicemico: a questo proposito, sulla base di una recente metanalisi (10) è stato evidenziato come la presenza di parodontite sia legata a un aumento di emoglobina glicata in soggetti non diabetici, nonché a un deterioramento di FBG (fasting blood glucose) e/o OGTT (oral glucose tolerance test). Con un’evidenza più modesta, anche nei soggetti che hanno già ricevuto una diagnosi di DMT2, il controllo glicemico in termini di HbA1c sembra essere peggiore in presenza di parodontite. Inoltre, soggetti diabetici (DMT2) affetti da parodontite grave (stadi 3 e 4) mostrano un incremento dello 0,1% di emoglobina glicata a 5 anni, al netto di fattori confondenti (11). Ancora più evidente è il fatto che nel paziente affetto da DTM2 e parodontite si noti un marcato incremento delle complicanze mediche quali retinopatie, malattia cardio-renale e mortalità rispetto al paziente affetto esclusivamente da DTM2 (10). È importante sottolineare che la terapia della parodontite si è dimostrata efficace nel migliorare il controllo glicemico in termini di diminuzione del valore dell’emoglobina glicata e nel ridurre l’infiammazione sistemica. 

A tre mesi dalla terapia parodontale, il valore globale della riduzione di emoglobina si attesta tra 0,4 a 1,1%. È infatti condiviso, nelle linee guida della Federazione europea di parodontologia condivise con la federazione internazionale del diabete, che il trattamento della parodontite produca benefici assimilabili all’assunzione di un secondo farmaco ipoglicemizzante e pertanto sia raccomandabile e auspicabile per tutti i pazienti affetti (12). La terapia non chirurgica rappresenta quindi l’elemento fondante della terapia parodontale nel paziente affetto da parodontite in quanto in grado di ridurre in modo significativo l’emoglobina glicata soprattutto con una modalità convenzionale rispetto a quella  full-mouth per raggiungere benefici già nel breve termine (13). 

Figura 3

La sfida professionale è comprendere quanto lo studio odontoiatrico possa essere un centro attivo di screening, dato che è annoverabile tra le strutture mediche professionali più frequentate di routine dalla popolazione. Ciò fa individuare il setting odontoiatrico come cruciale per indirizzare il paziente verso una intercettazione precoce non solo delle patologie gengivali ma anche delle condizioni metaboliche e per effettuare (14), in presenza di segnali di allarme o di diagnosi, un attento counseling volto al cambiamento delle scorrette abitudini (15). L’individuazione dei fattori di rischio sistemici, locali e comportamentali correlati allo sviluppo della parodontite è fondamentale per un corretto approccio terapeutico nel paziente affetto da malattia parodontale, indipendentemente dai valori di stadio e di grado diagnosticati e le linee guida di terapia della parodontite, sia di stadio I-III (16) che di stadio IV (17) sono rappresentative e indicative delle procedure sequenziali necessarie per ottenere l’arresto della progressione della patologia e potenzialmente la stabilità della condizione clinica. La conoscenza del valore dell’emoglobina glicata del paziente affetto da parodontite o comunque intercettato come soggetto a rischio di patologia diabetica permette il precoce controllo metabolico e, di conseguenza, la duplice diminuzione del rischio di sviluppo o peggioramento della parodontite così come del diabete di tipo II.  La Società italiana di parodontologia e implantologia, la Società di diabetologia e l’Associazione medici diabetologi, insieme con la Società italiana di medicina generale, la Società italiana di medicina interna, la Federazione italiana degli Ordini dei medici e degli odontoiatri e Federfarma hanno lavorato assieme per creare una sequenza di procedure condivise per l’odontoiatra e per il medico, un decalogo, il questionario da sottoporre ai pazienti, le indicazioni per le manovre di igiene orale domiciliare (18) (fig. 1-2-3).

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Documento Congiunto AMD-SID-SIdP. Diabete e Parodontite. 2021 May.