L’estrazione del terzo molare è uno degli interventi maggiormente eseguiti nella chirurgia del cavo orale. Uno dei maggiori rischi correlati a questo intervento, soprattutto se l’elemento dentario è incluso, risulta essere il danno neurologico. Per evitare o ridurre notevolmente questa complicanza, negli anni sono state sviluppate tecniche di estrazione del terzo molare alternative a quella che tradizionalmente viene effettuata mediante strumenti rotanti: la tecnica piezoelettrica e la coronectomia.
In questo lavoro andiamo a presentare tre casi clinici esemplificativi delle tre metodiche: nel primo caso è stata applica la tecnica tradizionale, nel secondo caso la tecnica piezoelettrica, mentre nel terzo caso è stata eseguita una coronectomia.
L’estrazione del terzo molare inferiore costituisce uno dei principali interventi chirurgici eseguiti a livello del cavo orale ed è una pratica divenuta ormai comune nella routine odontoiatrica. Uno dei potenziali rischi di questa procedura è il danno neurologico, temporaneo o permanente, a carico del nervo alveolare inferiore (NAI). L’incidenza del deficit, riportata in letteratura, è compresa tra 1,3% e 5,3% (1). Alla luce di ciò, appare imprescindibile un’accurata valutazione radiografica del caso, al fine di identificare eventuali fattori di rischio neurologico e definire un corretto approccio chirurgico.
Per evitare o comunque limitare al minimo i rischi, negli anni le tecniche di estrazione chirurgiche dei terzi molari si sono evolute, introducendo metodiche e strumentazioni alternative.
Tradizionalmente per l’osteotomia, l’ostectomia e l’odontotomia vengono utilizzati strumenti rotanti; da circa una trentina di anni è stata introdotta la metodica piezoelettrica, un’evoluzione della tradizionale tecnologia ultrasonica (2).
I vantaggi di questa tecnica risiedono nel taglio selettivo dei tessuti mineralizzati e nella precisione di taglio. Inoltre si ottengono un effetto cavitazione, che produce un miglior controllo dell’emostasi, e un micro flusso continuo di acqua, che permette la rimozione dei detriti. Studi hanno inoltre dimostrato come la chirurgia piezoelettrica dei terzi molari sia superiore a quella tradizionale in termini di riduzione del dolore, gonfiore, trisma e danni ai tessuti molli (3, 4, 5).
L’unica problematica legata a questa tecnica sembra essere la durata dell’intervento prolungata. Recentemente è stata introdotta una metodica che presenta risultati molto incoraggianti di riduzione dei tempi operatori utilizzando interamente la tecnologia piezoelettrica (6).
Una procedura chirurgica che può essere eseguita in alternativa all’estrazione del terzo molare è la coronectomia, descritta per la prima volta nel 1984 (7).
Questa tecnica consiste nella rimozione della sola corona dell’elemento dentario, lasciando in situ il complesso radicolare. La sua principale indicazione risiede nell’evidenza radiografica di un elevato rischio di lesione del NAI durante le manovre chirurgiche di estrazione.
Questa metodica può essere utilizzata in presenza di un elemento dentario con un polo radicolare particolarmente “basso”, ovvero laddove l’estrazione esiterebbe in un difetto osseo così ampio da poter causare una frattura mandibolare o inficiare la guarigione ossea (8).
Lo scopo di questo lavoro è quello di presentare tre casi, trattati ognuno con una metodica diversa: tradizionale, piezoelettrica e coronectomia.
1.
PRESENTAZIONE DEL CASO: TECNICA “TRADIZIONALE”
Giunge alla nostra osservazione il paziente D.F., di anni 19, con storia clinica di ripetuti eventi infiammatori a carico dei tessuti molli dell’elemento 4.8, semi-incluso e mesioinclinato. Il paziente, inviato dal proprio odontoiatra, era in possesso di ortopantomografia e TC dentale.
All’esame obiettivo si valuta la semi-inclusione dell’elemento 4.8, che risulta mesio-inclinato ed impattato sull’elemento 4.7; tale situazione rende i due elementi dentari a rischio di lesioni cariose e parodontali (figura 1). La ortopanoramica (OPT) conferma il quadro clinico ed inoltre evidenzia una vicinanza dell’apice della radice mediale dell’elemento 4.8 con il NAI (figura 2). La Cone Beam TC (CBCT) rileva che il NAI decorre inferiormente all’apice della radice mesiale (figura 3).
Per le motivazioni cliniche sovra esposte viene data indicazione all’estrazione.
Previa anestesia tronculare e plessica, si esegue un lembo vestibolare a tutto spessore con scarico distale in modo da accedere all’elemento (figura 4).
Si esegue l’osteoplastica vestibolare con una fresa multilama a rosetta montata su manipolo dritto in modo da scoprire la corona del dente superando il suo equatore (figura 5).
Con una fresa multilama ossivora e per tessuti duri del dente, sempre montata su manipolo dritto, si è provveduto a tagliare la corona avendo cura di preservare la parete linguale, a protezione del nervo linguale (figura 6). La sezione poi è stata terminata fratturando la corona con una leva dritta (figura 7); la corona è stata quindi rimossa.
Si è quindi provveduto, sempre mediante fresa rotante, alla separazione delle due radici e alla estrazione mediante leva prima della radice mesiale e poi della radice distale (figura 8). L’alveolo post-estrattivo è stato poi revisionato (figura 9) ed è stato inserita al suo interno una spugnetta di fibrina. I lembi sono stati suturati con sutura riassorbibile (figura 10).
Il paziente nel decorso post-operatorio ha lamentato un leggero dolore e gonfiore, compatibili con il tipo di intervento. Le suture sono state rimosse dopo 10 giorni dall’intervento.
A 6 mesi sono stati eseguiti un controllo clinico ed una radiografia endorale, per controllare la guarigione. Non risultano sondaggi parodontali distali al 4.7 e radiograficamente si può apprezzare la mineralizzazione nella sede estrattiva (figure 11 e 12).
2.
PRESENTAZIONE DEL CASO: TECNICA PIEZOELETTRICA
Si presenta alla nostra osservazione R.O.A., una ragazza di 19 anni in buono stato di salute, lamentando saltuari episodi algici a livello mandibolare destro.
Clinicamente si rileva l’elemento 4.8 in parziale inclusione mucosa e con una mesioversione che ne impediva l’eruzione in arcata (figura 13). L’OPT eseguita sulla paziente conferma la parziale inclusione osteomucosa ed evidenzia una sovrapposizione delle radici del 4.8 con il NAI (figura 14).
Per questo motivo si è richiesta una CBCT, da cui si rileva che il NAI si trova in posizione vestibolare rispetto alle radici dell’elemento dentario ad una distanza di circa 2 mm dagli apici radicolari.
Il complesso radicolare termina con una leggera curvatura apicale e giunge in stretto rapporto con la corticale linguale della mandibola che in prossimità della porzione terminale delle radici sembra assente (figura 15).
Previa anestesia troncare del NAI e plessica del buccinatore si è allestito un lembo mucoperiostale triangolare con incisione marginale fino al 4.6 e opportuno taglio di scarico distale (figura 16), al fine di poter approcciare in modo più completo l’elemento dentario in seminclusione ossea.
Si è quindi scheletrizzata la mandibola sia dal lato vestibolare che dal lato linguale a protezione del nervo linguale (figura 17), questo in seguito ad accurata valutazione mediante CBCT.
L’esposizione della corona si è effettuata inizialmente mediante strumenti rotanti (figura 18) e successivamente l’osteoplastica è stata ultimata con una pallina diamantata con tecnica piezoelettrica (OT5A, Piezosurgery).
La rifinitura è avvenuta mediante inserti lanceolati diamantati (OP5, IM1, Piezosurgery) in modo da esporre la corona del 4.8 e uno spazio di lussazione (figura 19).
L’odontotomia è iniziata con inserto piezoelettrico tagliente (EX3, Piezosurgery) (figura 20), poi terminata con leva diritta. Gli stessi inserti sono stati utilizzati per separare le due radici dell’elemento e per eseguire una sindesmotomia periradicolare (figura 21).
Le radici sono poi state estratte grazie all’effetto cavitazione ed ultrasonico degli inserti (figura 22). L’alveolo ha mantenuto una buona integrità, in particolare sul versante linguale dove risultava molto esiguo (figura 23); dopo il posizionamento di spugna di fibrina è stata apposta una sutura riassorbibile (figura 24).
Dopo 7 giorni è stata fatta una visita di controllo e 14 giorni dopo l’estrazione sono state rimosse le suture. In queste sedute, la paziente ha riferito di non ha aver avuto dolore e anche clinicamente erano assenti segni di infezione.
A circa 1 anno dall’estrazione dell’elemento la paziente ha eseguito una OPT per controllo odontoiatrico ed è stato possibile rilevare una buona mineralizzazione nel sito estrattivo e un buon picco osseo distale all’elemento 4.7 (figura 25).
3.
PRESENTAZIONE DEL CASO: CORONECTOMIA
Il terzo caso clinico riguarda la paziente P.B., riferita alla nostra attenzione da un collega per la valutazione chirurgica dell’elemento 4.8 a seguito di sintomatologia algica ricorrente.
L’esame clinico evidenziava una semi-inclusione mucosa del 4.8, con sondaggio parodontale distale al secondo molare (figura 26).
La paziente si presenta già in possesso della CBCT, indagine di secondo livello correttamente richiesta dal collega per la presenza, all’analisi della OPT, di segni di stretta vicinanza con il canale mandibolare.
La CBCT (figura 27) conferma i rapporti di stretta vicinanza con il NAI, permette di individuare una morfologia ad uncino distale della componente radicolare dell’elemento dentario, mostra che la porzione terminale delle radici, che sono unite a “fittone”, si trova lingualmente rispetto al decorso del NAI e che queste compiendo una curva si dirigono distalmente e mesialmente, improntando la componente corticale linguale.
Si determina quindi un canale osseo incompleto che, unito alla particolare conformazione ad “uncino” della radice, comporta un elevato rischio di lesione.
Di conseguenza, valutato il rapporto costo-beneficio e ottenuto il consenso informato da parte della paziente si è proceduto alla coronectomia dell’elemento.
Il protocollo chirurgico prevede l’incisione di un lembo vestibolare a spessore totale, quindi l’esposizione della corona. È stata eseguita una minima ostectomia, non oltre la giunzione amelo-cementizia (CEJ), al fine di preservare il supporto osseo delle radici ed evitare la mobilizzazione delle stesse (figura 28).
La corona è stata sezionata parzialmente mediante fresa a fessura, conservando la parete linguale dell’elemento e proteggendo il nervo linguale; la sezione è stata quindi completata fratturando la corona con una leva (figura 29).
A questo punto, utilizzando una fresa a rosetta diamantata, si è rimosso il tessuto dentale fino al almeno 3mm al di sotto della cresta ossea (figura 30); in questo modo si rimuove completamente lo smalto, come si rileva dalla RX endorale (figura 31), per favorire nel processo di guarigione la formazione di nuovo osso al di sopra del complesso radicolare. Si è proceduto al posizionamento della sutura riassorbibile per ottenere una chiusura per prima intenzione, indispensabile per garantire la stabilità del coagulo e prevenire la contaminazione del sito chirurgico (figura 32).
Il decorso post-operatorio è risultato regolare e privo di complicazioni.
Il primo controllo clinico, eseguito a 10 giorni per la rimozione delle suture, ha evidenziato una buona guarigione mucosa.
La paziente è stata valutata clinicamente e mediante radiografia endorale periapicale ogni 3 mesi; il riscontro a 12 mesi era di una completa restitutio ad integrum dei tessuti molli e sondaggio parodontale fisiologico distalmente al secondo molare (figure 33 e 34).
Si riporta RX endorale a 24 mesi che evidenzia una lieve migrazione coronale dei residui radicolari, comunque integrati nel contesto osseo (figura 35).
In tutti e tre i casi, come di nostra consuetudine, sono state prescritte terapia antibiotica ed antidolorifico/antinfiammatoria.
CONCLUSIONI
L’estrazione dei terzi molari inclusi è da considerarsi un intervento routinario per i chirurghi orali, ma la conoscenza dell’anatomia e la valutazione radiologica devono considerarsi requisiti imprescindibili per una accurata pianificazione dell’intervento.
Una corretta valutazione radiografica, fondamentale per individuare il rischio chirurgico, deve avvalersi delle metodiche e delle strumentazioni adeguate che il commercio mette a disposizione.
Tutto questo deve guidare nella scelta della metodica chirurgica più indicata al fine di limitare le complicanze, soprattutto in quei casi che evidenziano un elevato rischio di lesione neurovascolare.
I tre casi presentati vogliono essere esemplificativi di approcci chirurgiche che, in relazione allo studio clinico del caso, alle conoscenze ed alla manualità dell’operatore, possono essere attuati al fine di limitare e minimizzare eventuali complicanze chirurgiche.
The extraction of the third molar is the most frequent oral surgery. The nerve injury is still one of the greatest complications related to this procedure, especially when the tooth is impacted.
In order to avoid or reduce the risk of nerve damage, other techniques can be adopted instead of the traditional one: piezosurgery or coronectomy.
In this paper, three case reports will show each approach: the first case was managed with the traditional technique; in the second case was used the piezosurgery; in the third case coronectomy has been performed.